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tesi F. Marotta.pdf - EleA@UniSA

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Il tacere non è solo mutismo. Il tacere non è rifiuto del linguaggio. Esso è anche parlare indiretto,<br />

parola distanziata, parola ironica, parodia, riso. [...] la parola diretta, oggettiva, non si preoccupa<br />

dell’alterità, della parola altra rispetto a se stessa, non si preoccupa dell’alterità del soggetto che si<br />

illude di oggettivarsi nella parola diretta, di identificarsi con essa [...]. La parola diretta, oggettiva<br />

non si preoccupa dell’alterità dell’interlocutore se non per superarla, inglobarla, assimilarla ;<br />

questa parola è attenta solo a se stessa e perciò, dice Kierkegaard, non costituisce propriamente<br />

comunicazione alcuna, oppure, possiamo dire, è solo comunicazione del silenzio. 133<br />

La parola diretta dei padri, quando si verifica, racchiude un atteggiamento prescrittivo, è<br />

la concretizzazione dell’autorità istituzionalizzata e nell’atto di “superare, inglobare e<br />

assimilare” si verifica quella che più avanti sarà definita “violenza morale”. Allo stesso modo,<br />

però, può essere visto il silenzio, realizzazione dei divieti, barriera tra l’autorità e chi vi è<br />

sottoposto.<br />

Les discours, pas plus que les silences, ne sont une fois pour toutes soumis au pouvoir, ou dressés<br />

contre lui. Il faut admettre un jeu complexe et instable où le discours peut être à la fois instrument<br />

et effet de pouvoir, mais aussi obstacle, butée, point de résistance et départ pour une stratégie<br />

opposée. Le discours véhicule et produit du pouvoir ; il le renforce mais aussi le mine, l’expose, le<br />

rend fragile et permet de le barrer. De même le silence et le secret abritent le pouvoir, ancrent ses<br />

interdits ; mais ils desserrent aussi ses prises et ménagent des tolérances plus ou moins<br />

obscures. 134<br />

Se il discorso è dunque portatore di potere e di una certa forma di autorità, anche<br />

violenta, lo stesso si può dire del silenzio :<br />

Il silenzio, quale che sia la sua specifica modalità, è però sempre potente, proprio perché contiene<br />

sempre già nella sua realtà materiale la possibilità di un ascolto dell’altro e di sé più profondo del<br />

consueto. [...] Ma tale potenza non può non impaurire, perché il suo funzionamento è in qualche<br />

modo automatico : in una conversazione come in una meditazione, in società come nel bosco, il<br />

silenzio comunque agisce se non altro perché produce solitudine. 135<br />

133 Augusto Ponzio, “Il silenzio e il tacere fra segni e non segni”, in C. A. Augieri (a cura di), La retorica del<br />

silenzio, Lecce, Edizioni Milella, 1991, pp. 41-42.<br />

134 Michel Foucault, La volonté de savoir, Paris, Gallimard, 1976, p. 126.<br />

135 Ugo Volli, Apologia del silenzio imperfetto, cit., p. 117.<br />

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