Energia eolica e sviluppo locale - Ambiente e Territorio - Coldiretti
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9. Aprire una seconda fase: rinnovabili e <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong><br />
Noi siamo convinti che nell’eolico la fase dei grandi impianti finirà. Era ed è una fase necessaria<br />
perché ha consentito una industrializzazione massiccia dell’eolico, del fotovoltaico e delle altre<br />
energie rinnovabili. Oggi, se un pannello costa il 50% in meno rispetto ad un anno fa, è perché<br />
la produzione è aumentata del 100%. Quest’anno avremo quasi 15 GWh di potenza prodotta,<br />
15 volte tanto rispetto a 4 anni fa. I costi si sono abbassati. Questa fase dei grandi impianti<br />
era necessaria. A breve questa fase andrà a scemare, se non a terminare, anche perché in tutti<br />
i paesi gli incentivi per i grandi impianti andranno a declinare, mentre il privato sarà sempre<br />
più incentivato a fare piccoli impianti. Quindi, noi diciamo: bene i grandi impianti, grazie agli<br />
incentivi, ma ora iniziamo anche ad orientare gli investimenti verso questo tipo di impianti,<br />
orientando maggiormente gli incentivi verso i piccoli impianti. Questo è sicuramente il futuro<br />
che noi ci aspettiamo. Minieolico, minifotovoltaico, la biomassa da filiera corta, i piccolissimi<br />
impianti da biogas che hanno un futuro enorme anche per il disinquinamento delle aree. Tutte<br />
le fonti hanno le potenzialità per i piccoli impianti. Oramai i piccoli motori Sterling ad alto<br />
rendimento da 3-5 kW condominiali sono una realtà e saranno il prossimo passo. Ad oggi, per<br />
i condomini si è fatto poco e il nuovo conto energia prevede degli incentivi per i condomini,<br />
anche se non sarà facile, ci vorranno anni, perché sappiamo le difficoltà con cui si prendono le<br />
decisioni a livello condominiale. Però, ad esempio, le caldaie a condensazione per il riscaldamento<br />
centralizzato. Comunque, la tecnologia sta andando verso una miniaturizzazione degli<br />
impianti, per cui di sicuro arriveremo ad una generazione distribuita molto facile da fare (Domenico<br />
Belli, Greenpeace).<br />
Ma, aprire una seconda fase dello <strong>sviluppo</strong> dell’eolico e delle altre rinnovabili non significa<br />
soltanto promuovere la diffusione capillare di micro e mini impianti, ma soprattutto<br />
cercare di collegare in modo veramente sinergico lo <strong>sviluppo</strong> di queste tecnologie con le<br />
dinamiche di <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong> dei territori, nella convinzione che l’accettabilità sociale delle<br />
rinnovabili dipenda dalla capacità che queste hanno di integrarsi con le specificità, le vocazioni<br />
e i settori produttivi territoriali.<br />
L’energia <strong>eolica</strong> svolge un ruolo decisivo… ma proprio perché stiamo ragionando di impianti<br />
che hanno un impatto sul paesaggio dobbiamo individuare soluzioni efficaci per integrare gli<br />
impianti nel territorio, capire le accortezze e i limiti nelle aree più delicate. Sono proprio le<br />
aree interne montane, i centri cosiddetti minori, i piccoli comuni, gli ambiti dove questa sfida<br />
è più delicata e avvincente. È infatti necessario dialogare e interagire con le realtà territoriali,<br />
perché lo <strong>sviluppo</strong> di impianti eolici può essere una concreta opportunità per riportare servizi e<br />
far sopravvivere usi e culture agricole, ma può rivelarsi anche un rischio e un impatto gravissimo<br />
per il paesaggio. Per questo occorre superare i limiti di questa prima fase “pionieristica” del<br />
processo di diffusione dell’eolico in Italia e evitare errori dovuti alla mancanza di regole e alla<br />
forza degli interessi economici (Realacci, in Zanchini, 2002:9).<br />
9.1 Rinnovabili e <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong><br />
Il concetto di “<strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong>” e, parallelamente, di “buone pratiche” per lo <strong>sviluppo</strong><br />
<strong>locale</strong> è entrato ormai a far parte del linguaggio corrente. La letteratura in materia ha individuato<br />
diversi “modelli” di <strong>sviluppo</strong>, sovente interrelati tra loro: tra i principali è possibile<br />
ricordare lo “<strong>sviluppo</strong> economico sostenibile” o “autosostenibile”, lo “<strong>sviluppo</strong> endogeno”,<br />
lo “<strong>sviluppo</strong> integrato”, lo “<strong>sviluppo</strong> sociale”, lo “<strong>sviluppo</strong> dall’alto” (top down) e lo <strong>sviluppo</strong><br />
dal basso (bottom up), ovvero, per l’appunto, lo <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong> in senso proprio. In quest’ultimo<br />
caso è di norma prevista la partecipazione e/o il coinvolgimento di una pluralità di<br />
attori pubblici e privati, partecipazione finalizzata alla individuazione di percorsi di <strong>sviluppo</strong><br />
integrati (e relativi strumenti di attuazione), ovvero coerenti con le potenzialità e le risorse<br />
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