Energia eolica e sviluppo locale - Ambiente e Territorio - Coldiretti
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<strong>Energia</strong> <strong>eolica</strong> e <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong><br />
• la volontà di trovare soluzioni adeguate per favorire una più equa distribuzione della<br />
ricchezza prodotta;<br />
• la volontà di una più capillare diffusione delle innovazioni.<br />
Sulle rinnovabili il ragionamento che si dovrebbe fare è quello più complessivo dello <strong>sviluppo</strong><br />
<strong>locale</strong>, per ricondurre il loro <strong>sviluppo</strong> sul territorio all’interno di un progetto più complessivo di<br />
<strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong>. In questo modo, si dà la possibilità alle popolazioni locali di prendere parte<br />
effettivamente al processo, al limite solo in termini di distribuzione dei benefici economici<br />
dell’iniziativa. Il problema è che ormai c’è una finanziarizzazione esasperata in tutti i settori.<br />
L’altro giorno sono andato da un sindaco che ha avuto una proposta, perché qualcuno ha saputo<br />
che dovevano ampliare il cimitero. Unicredit gli ha detto che glielo fanno loro, basta che il Comune<br />
sottoscrive un mutuo ventennale. Questo sindaco, con tutti i parametri di stabilità, non<br />
può accendere mutui, però quelli di Unicredit gli hanno detto che loro una soluzione la trovano.<br />
La sesta potenza del mondo deve fare i cimiteri in project financing Qui, c’è il buco nella vasca<br />
e i fa finta che non c’è… Nelle valli del Tirolo hanno fatto degli interventi molto piccoli per la<br />
produzione di energia idraulica che sono stati finanziati attraverso l’azionariato popolare. Quindi,<br />
ci sono cittadini che non solo non pagano la bolletta, ma a fine anno ricevono anche un dividendo.<br />
Questa è una logica che va nella direzione dello <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong>. Se deve esserci <strong>sviluppo</strong><br />
<strong>locale</strong> è chiaro che innanzitutto deve essere la popolazione <strong>locale</strong> a trarre vantaggio da queste<br />
operazioni. Giustamente, chi fa tecnologia deve avere il suo ritorno, però anche la popolazione<br />
non può non avere il suo. Questo, secondo me, è il problema, perché qua non scatta la molla<br />
Non c’è dubbio che questo è un affare e che per alcuni diventa anche l’affare del secolo, ma<br />
vogliamo distribuirlo in maniera più diffusa Oppure stiamo sempre tra i Guelfi e i Ghibellini. Non<br />
sono d’accordo con i Ripa di Meana nel merito – loro sono dei fondamentalisti perchè dicono no<br />
a priori -, però il ragionamento dietro c’è. Perché mai in questa operazione deve guadagnarci uno<br />
solo, l’operatore economico Bisognerebbe fare un ragionamento di questo tipo. Se riusciamo a<br />
fare questo saltino si riuscirebbe davvero a mettere in moto un percorso che riterrei accettabile.<br />
Bisogna, però, coinvolgere veramente la popolazione e non mettere in piedi dei finti processi<br />
partecipativi solo per far ingoiare quello che è già deciso. Mi rendo conto che una partecipazione<br />
vera fa perdere tempo all’operatore economico, però questo può essere messo nel bilancio<br />
d’azienda, tenendolo in conto dall’inizio. Con il consenso si può andare pure più lontano, col<br />
tempo si può aumentare la potenza dell’impianto, altrimenti comincia una guerriglia che secondo<br />
me non ci porta più da nessuna parte. In questo senso prevedere anche forme di azionariato<br />
popolare può essere buona soluzione (Paolo Berdini, Università di Roma Tor Vergata).<br />
Ci sono esperienze di azionariato popolare. Ad esempio, c’è il Comune di Peccioli (PI), in Val<br />
d’Era, che ha fatto una società pubblico-privata con azionariato popolare e l’ha fatta per l’uso<br />
di una tecnologia di recupero di gas da una discarica e adesso pensano di trasferirlo sul fotovoltaico,<br />
sull’eolico, etc. Quasi tutte le iniziative energetiche “sono “esogene” nel senso che il<br />
territorio prende dei soldi, ma poi non decide nulla, non ha possibilità di governo. Qui si sta<br />
riproducendo quello che è stato in Italia la follia delle Aree di Sviluppo Industriale (ASI) dove<br />
ogni comune ha voluto la sua per incamerare gli oneri di urbanizzazione. Che cosa abbiamo<br />
creato Un disastro, un’occupazione di suolo pazzesca, diseconomie perché queste aree si devono<br />
poi collegare all’autostrada, superstrade, cioè delle diseconomie di lungo periodo. Sulle<br />
energie rinnovabili stiamo andando nella stessa identica direzione e cioè ogni Comune contratta<br />
o viene contrattato dalle ditte e ogni comune ha il suo impianto eolico. In Val D’Era una unione<br />
di Comuni sta tentando di ragionare - essendoci questa esperienza di Peccioli sull’azionariato<br />
popolare - a livello di valle sia per la localizzazione ottimale e sia per la redistribuzione dei<br />
vantaggi. Però se non c’è una proprietà dei Comuni degli impianti, un meccanismo diverso da<br />
quello della ditta che tratta con il singolo comune e con il singolo agricoltore, tutto questo<br />
meccanismo non si riesce a mettere in piedi (Alberto Magnaghi, Università di Firenze).<br />
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