Energia eolica e sviluppo locale - Ambiente e Territorio - Coldiretti
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3. La produzione<br />
di sistemi eolici in Italia<br />
Gli aerogeneratori effettuano la conversione dell’energia cinetica del vento in energia meccanica<br />
dell’asse di rotazione, e, da questa, in elettrica continua o alternata mediante l’impiego<br />
di un generatore; possono essere ad asse orizzontale o verticale; possono essere isolati o in<br />
cluster e, ancora, essere collegati ad utenze isolate, piccole reti locali o alle reti nazionali<br />
(Battisti, 2008; Caffarelli e De Simone, 2010; Gargini e De Pratti, 2008). Dal punto di vista<br />
della potenza, oggi sul mercato ci sono diverse tipologie di aerogeneratori:<br />
• macchine progettate per la produzione e vendita di elettricità, il cosiddetto eolico<br />
industriale. Si tratta di aerogeneratori di potenza compresa tra i 500 kW e i 3,5 MW connessi<br />
alla rete in media o alta tensione, macchine di grande potenza per la produzione industriale<br />
di energia <strong>eolica</strong> che richiedono grandi investimenti (da 1 a 2,5 milioni di euro), ma il cui<br />
costo diminuisce in proporzione al crescere della potenza e che sono state finora al centro<br />
del processo di evoluzione tecnologica. Un indicatore significativo dell’evoluzione tecnologica<br />
dell’eolico, infatti, è la crescita della taglia degli aerogeneratori installati, accompagnata<br />
anche dall’aumento della loro affidabilità ed efficienza. Se nel 1995, la taglia media delle<br />
macchine installate in Italia era di appena 260 kW di potenza per unità, nel 2003 era di<br />
561kW, oggi la taglia media delle turbine che vengono installate è di 2,5 MW. 16 Queste macchine<br />
possono essere installate singolarmente o in centrali di produzione, sulla terra ferma<br />
o in mare (offshore); 17<br />
16 Le prime macchine eoliche industriali erano alte 82 metri, quelle attuali 93 metri. La vera differenza è che 10 anni fa<br />
una macchina industriale da 660-850 kW occupava a terra 100 metri quadrati e aveva una dimensione di navicella di 6mx3m.<br />
Oggi, una macchina industriale è da 3,5 MW, cioè sei volte più potente della precedente, a terra occupa 150 metri quadrati,<br />
mentre la navicella è di 12x6m. “Le dimensioni delle macchine sono in costante crescita, perché la capacità di sfruttare il vento<br />
è strettamente legata al diametro del rotore. Più è grande il diametro e più si riesce a installare anche in aree dove una volta non<br />
si poteva installare perché le condizioni del vento erano basse e, quindi, non lo permettevano. Aumentando il diametro del rotore,<br />
aumenta la potenza generata e, quindi, c’è una corsa ad installare turbine sempre più grandi che si riflette in termini positivi anche<br />
sull’ambiente. Questo perché con macchine di questa potenza si riesce a fare un parco eolico significativo con 10 aerogeneratori,<br />
mentre in passato per avere la stessa potenza si dovevano installare dalle 30 alle 40 pale. Una pala grande si vede certamente di<br />
più, ma quello che probabilmente dà più fastidio è “l’effetto selva”, quindi tante turbine, pale, e torri” (Schiapparelli, REpower).<br />
17 In Italia, e più in generale nel Mediterraneo, le installazioni offshore tardano a manifestarsi, nonostante che in ambiente<br />
marino sia presente una gran disponibilità di vento (e quindi sia possibile installare macchine di grande potenza come la<br />
turbina REpower da 6,15 MW con 126 m di diametro) e che la distanza dalla terraferma consenta una naturale mitigazione sia<br />
dell’impatto acustico delle turbine per la lontananza sia di quello paesaggistico in virtù della curvatura terrestre. Quella offshore<br />
rappresenta, dunque, un’opzione che nel medio-lungo termine potrebbe consentire notevoli produzioni di energia (Cesari e<br />
Taraborrelli, 2008). In Italia, l’iter autorizzativo per gli impianti offshore è diverso da quello per gli impianti sulla terraferma:<br />
l’autorizzazione, infatti, è rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Ministero dello <strong>sviluppo</strong> economico<br />
e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui all’art. 12, comma 4, del decreto<br />
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