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Energia eolica e sviluppo locale - Ambiente e Territorio - Coldiretti

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<strong>Energia</strong> <strong>eolica</strong> e <strong>sviluppo</strong> <strong>locale</strong><br />

attuativi) 42 per la definizione del parametri del “regime di sostegno” per impianti con potenza<br />

superiore ai 5 MW a partire dal 2013, mentre per quelli fino a 5 MW il meccanismo del feed<br />

in (tutto riconosciuto in tariffa) prenderà il posto dei certificati verdi e sarà differenziato per<br />

fonte e scaglione di potenza. Tale articolo avrebbe impatti negativi sul sistema dei certificati<br />

verdi. Infatti, fra il 2012 e il 2015 la quota d’obbligo di ritiro da parte di produttori da fonti<br />

convenzionali e da importatori verrà ridotta gradualmente e dalla base d’obbligo verrà esclusa<br />

l’energia elettrica importata, con il risultato di ridurne il prezzo sul mercato. Nel complesso,<br />

questo provvedimento - secondo le associazioni e gli operatori del settore – ha creato un<br />

regime di incertezza che mette a rischio la fattibilità e bancabilità di investimenti già decisi<br />

e in fase di progettazione.<br />

Io ho chiesto spesso alla casa madre tedesca di potermi occupare degli altri Paesi del Mediterraneo<br />

perché, secondo me, c’è molto da fare. Il vero salto di qualità sarebbe di poter aprire una<br />

fabbrica in Italia. Ma, come si fa ad aprire una fabbrica se non c’è visione e se non c’è chiarezza<br />

su quello che l’Italia vorrà fare nei prossimi anni Come si fa ad investire qui se dall’oggi al<br />

domani approvano un Decreto che assolutamente non dà chiarezza sul futuro delle rinnovabili,<br />

in particolare su quello dell’eolico Le “non scelte” sono un freno economico allo <strong>sviluppo</strong>. Ci<br />

sono molti investitori che hanno deciso che in Italia non ci vengono perché è troppo complicato.<br />

Adesso si sa, ad esempio, quanto varranno i certificati verdi fino alla fine del 2015, dopo non<br />

si sa. Dal momento che tutti i progetti sono in project financing e la banca per definizione è<br />

“conservativa”, come può finanziare un progetto in cui si sa che si ha il ritorno garantito solo<br />

fino al 2015 Allora, c’è chi va avanti e chi decide di no. REpower ha firmato l’ultimo progetto<br />

nel luglio del 2009, poi ne ha firmati degli altri che però non sono ancora partiti, perché sono<br />

in attesa di finanziamento. E non è che noi andiamo male rispetto agli altri. I nostri concorrenti<br />

sono nella stessa nostra situazione. I tempi di finanziamento si sono allungati. Quando<br />

ho iniziato io nel 2005, erano di quattro mesi, poi sono diventati otto, adesso da quando si<br />

inizia a parlare con la Banca a quando si arriva alla delibera passa un anno. Si tratta di progetti<br />

economicamente rilevanti, di diverse decine di milioni di euro, quindi non c’è solo una banca a<br />

finanziare, ma un pool di banche. C’è una banca “capogruppo” che poi distribuisce il debito ad<br />

altre banche. Quindi, un progetto “medio” oggi è finanziato da almeno tre banche. Ci vogliono<br />

tre delibere, tre assessment, e ogni banca si adegua alle condizioni “più conservative”. Quindi,<br />

anche per i nostri clienti il processo si presenta difficilissimo. Una volta le banche erano contente<br />

di finanziare un parco eolico perché non c’era questa incertezza normativa che oggi invece<br />

c’è (Carlo Schiapparelli, REpower).<br />

Le tensioni che si sono scatenate prima e dopo l’emanazione del Decreto legislativo<br />

hanno fatto emergere posizioni e interessi assai diversi all’interno del mondo industriale e associativo<br />

(Cfr. Cianciullo 2011b; Gervasio, 2011; Giliberto, 2011a/b/c/d; Giliberto e Rendina,<br />

2011; Picchio, 2011; Rendina 2011a/b; Savioli, 2011, Valentini, 2011), evidenziando come<br />

attualmente in Italia il peso politico ed economico dell’imprenditoria del settore delle rinnovabili<br />

sia ancora molto debole rispetto a quello di altri settori industriali più tradizionali.<br />

Il problema del nostro paese – a differenza di quanto è avvenuto in questi anni con sistemi<br />

di incentivazione tedeschi e spagnoli – è che non si è ancora vista la nascita di una vera filiera<br />

industriale delle rinnovabili “nostrana”. Mentre in Germania e Spagna, gli incentivi hanno portato<br />

a costruire aziende grandi locali che oggi comandano il mercato mondiale – a parte i grandi<br />

produttori cinesi -, per l’Italia questo non è successo o quanto meno è successo solo in minima<br />

42 Fin da ora, però, appare chiaro che nell’ambito di un sistema di aste competitive al ribasso, a ottenere il bonus saranno<br />

solo gli impianti che chiederanno al governo incentivi più leggeri.<br />

42

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