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1278 3 febbraio

Ufficio delle letture

SECONDA LETTURA

Dal decreto «Ad gentes» del Concilio ecumenico Vaticano

II sull’attività missionaria

(Nn. 23-24)

La vocazione e l’attività missionaria

Benché l’impegno di diffondere la fede cada su

qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue

possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine

dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per

associarli in modo speciale alla sua missione e per

inviarli a predicare alle genti (cfr. Mc 3, 13-14).

Perciò, per mezzo dello Spirito Santo, che distribuisce

come vuole i carismi per il bene comune (cfr. 1

Cor 12, 11), accende nel cuore dei singoli la vocazione

missionaria ed insieme suscita nella Chiesa istituti

aventi per fine proprio l’evangelizzazione, che è

compito di tutta la Chiesa.

Vi sono infatti fedeli insigniti di una speciale vocazione

missionaria. Per questo appaiono forniti di attitudini

naturali confacenti sia per carattere, sia per intelligenza

e sia per capacità pratiche. Si tratta di sacerdoti,

religiosi e laici che si dichiarano disponibili

per tale apostolato. Essi, inviati dalla legittima autorità,

si portano per spirito di fede e di obbedienza presso

coloro che sono lontani da Cristo, dedicandosi

esclusivamente all’opera per la quale sono stati assunti

come ministri del vangelo (cfr. At 13, 2), «perché i

pagani divengano una oblazione gradita, santificata

dallo Spirito Santo» (Rm 15, 16).

Orbene, alla chiamata di Dio l’uomo deve rispondere

in maniera tale da vincolarsi del tutto all’opera evangelica,

senza prender consiglio dalla carne e dal sangue

(cfr. Gal 1, 16). Ed è impossibile dare questa rispo-

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