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Liturgia-delle-Ore-III-ULN-web

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510 Sedicesima settimana del Tempo ordinario

bero fra i morti, «che ha il potere di offrire la propria

vita e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv

10, 18)! Per noi è vincitore e vittima davanti a te,

vincitore proprio perché vittima. Per noi è sacerdote

e sacrificio davanti a te, sacerdote proprio perché

sacrificio. Egli da schiavi ci ha resi tuoi figli,

nascendo da te, servendo a noi.

Con tutta ragione pongo in lui una sicura speranza

che tu, o mio Dio, guarirai tutte le mie infermità,

per mezzo di colui che sta alla tua destra

e «intercede per noi» (Rm 8, 34). In caso diverso

sarei in preda alla disperazione. Numerose e grandi

sono le mie debolezze, sono numerose e grandi,

ma più abbondante è il rimedio che tu doni.

Avremmo potuto pensare che il tuo Verbo fosse

lontano dal congiungersi all’uomo e avremmo dovuto

disperare di noi, se non si fosse fatto carne e

fosse venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,

14). Spaventato dai miei peccati e dal cumulo della

mia miseria, avevo ventilato in cuor mio e meditato

il ritiro nella solitudine. Ma tu me l’hai impedito

e mi hai spronato con queste parole: «Egli è morto

per tutti, perché quelli che vivono non vivano più

per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato

per loro» (2 Cor 5, 15).

Ecco, Signore, io getto in te ogni mio pensiero

perché io viva, «perché io veda le meraviglie della

tua legge» (Sal 118, 18). Tu conosci la mia stoltezza

(cfr. Sal 68, 6) e tutte le mie malattie. Insegnami a

compiere il tuo volere e risanami. Il tuo Unigenito,

«nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e

della scienza» (Col 2, 3), mi ha redento con il suo

sangue. «Non mi opprimano i superbi» (Sal 118, 122),

perché ho davanti agli occhi il prezzo della mia redenzione,

esso è mio cibo e mia bevanda. È un dono

che faccio anche agli altri. Povero quale sono, desidero

saziarmi di esso tra quelli che ne mangiano e se

ne saziano e «Loderanno il Signore quanti lo cercano»

(Sal 21, 27).

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