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244 Ottava settimana del Tempo ordinario

SECONDA LETTURA

Dal «Commento al Libro di Giobbe» di san Gregorio

Magno, papa

(Lib. 3, 15-16; PL 75, 606-608)

Se da Dio accettiamo il bene,

perché non dovremo accettare anche il male?

Paolo, osservando in se stesso le ricchezze della

sapienza interiore e vedendo che all’esterno egli era

corpo corruttibile, disse: «Abbiamo questo tesoro in

vasi di creta» (2 Cor 4, 7).

Ecco che nel beato Giobbe il vaso di creta sentì

all’esterno i colpi e le rotture, ma questo tesoro internamente

rimase intatto. Al di fuori si screpolò a causa

delle ferite, ma il tesoro della sapienza all’interno

rinasceva inesauribilmente, tanto da manifestarsi all’esterno

in queste sante espressioni: «Se da Dio accettiamo

il bene, perché non dovremo accettare il

male?» (Gb 2, 10).

Chiama beni i doni di Dio sia temporali che eterni;

mali invece i flagelli presenti, dei quali il Signore

dice per bocca del profeta: «Io sono il Signore e non

c’è alcun altro; fuori di me non c’è dio. Io formo la

luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la

sciagura» (Is 45, 5a. 7).

«Io formo la luce e creo le tenebre», perché, mentre

con i flagelli si creano all’esterno le tenebre del

dolore, si accende all’interno la luce delle grandi

esperienze spirituali. «Faccio il bene e provoco la

sciagura», perché alla pace con Dio veniamo riportati

quando le cose create bene, ma non bene desiderate,

si mutano, per noi, in flagelli e sofferenze. Noi

entrammo in conflitto con Dio a causa della colpa. È

giusto dunque che torniamo in pace con lui per mezzo

dei flagelli. Quando infatti ogni cosa creata bene

si volge per noi in sofferenza, siamo ricondotti sulla

retta via, e l’anima nostra è rigenerata con l’umiltà

alla pace del Creatore.

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