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1350 21 maggio

Ufficio delle Letture

SECONDA LETTURA

Dai «Discorsi» di san Cesario di Arles, vescovo

(Sermo 225, 1-2: CCL 104, 888-889)

Chi rende testimonianza alla verità è martire di Cristo

Ogni volta che celebriamo la memoria annuale dei

martiri, fratelli carissimi, dobbiamo pensare che noi

siamo al servizio di quello stesso Re, sotto il quale anch’essi

meritarono di combattere e di vincere; dobbiamo

pensare che noi siamo salvati dallo stesso battesimo,

per mezzo del quale anch’essi sono stati salvati;

che noi gustiamo e siamo rafforzati dagli stessi sacramenti

che essi degnamente ricevevano; che noi portiamo

sulla fronte il distintivo di quello stesso capitano,

del quale anch’essi hanno portato felicemente le insegne.

Perciò, ogni volta che desideriamo celebrare il giorno

natalizio dei santi martiri, essi devono riconoscere

in noi qualcosa delle loro virtù, perché si compiacciano

di supplicare per noi la divina misericordia. Ogni

anima ama ciò che le è simile. Se dunque il simile si

unisce al simile, ciò che è dissimile non può assolutamente

stare insieme. Ecco che un nostro particolare

santo, la cui festività bramiamo celebrare con gioia, fu

sobrio: come potrà essere unito a lui chi ha il vizio del

bere? Quale comunanza potrà avere l’umile con il superbo,

il benevolo con l’invidioso, il generoso con

l’avaro, il mite con l’irascibile? Un beato martire certamente

fu casto: come può associarsi a lui un adultero?

Se i gloriosi martiri, fratelli carissimi, distribuirono ai

poveri anche i loro stessi beni, come potranno essere

loro amici quelli che fanno razzia dei beni altrui? I

santi martiri si preoccuparono di amare anche i nemici:

come saranno partecipi con loro quelli che a volte

non vogliono ricambiare l’affetto neppure degli amici?

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