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volume II - Grand Tour

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venne considerato per uno dei primi valentuomini del suo tempo. Passò agli eterni riposi nel 1709<br />

d’anni 82 e fu sepolto nei cappuccini di Madrid. Palomino, Museo pittorico, tomo <strong>II</strong>I, a 486.<br />

Don Pietro Ruiz Gonzales pittore di Madrid, imparò l’arte della pittura nella scuola di Giovanni<br />

Antonio Escalante, quella poi perfezionò appresso il Corregno. Fu uomo assai bizzarro nelle sue<br />

composizioni e molto erudito, se come pensava avesse poi ben digerito i suoi stessi pensieri, sarebbe<br />

stato il primo uomo del mondo. Fu sempre solito [p. 729 – <strong>II</strong> – C_116R] di scrivere il suo nome in<br />

tutte le sue opere, fossero o piccole o grandi, onde essendo un giorno ripreso di un suo amico, rispose<br />

che faceva questo perché non voleva che i suoi difetti fossero attribuiti ad altri. Negli ultimi anni della<br />

sua vita fu molto travagliato da intermittenza di polso e mancanza di vista e finalmente lasciò di vivere<br />

in Madrid nel 1709, anni 56. Palomino, Museo pittorico, tomo <strong>II</strong>I, a 487.<br />

Don Francesco Ignazio Ruiz della chiesa, pittore della città di Madrid, ebbe per suo primo maestro<br />

Francesco Camilo e poi Giovanni Carregno, col quale si perfezionò e molto più per la continua<br />

amicizia e compagnia di Cabezalero. Ebbe un fondato e corretto disegno e un gustoso colorito. Fu<br />

molto amante e seguace della maniera del sopraddetto Cabezalero, come dimostrano le molte sue<br />

opere che sono nella città di Madrid, tanto pubbliche che private, onde meritò di esser dichiarato dal re<br />

Carlo <strong>II</strong> suo pittore e poi di Filippo V, quale andò servendo in Barcellona in qualità di aiuto della<br />

fureria, quando il re celebrò le sue prime nozze colla principessa di Savoia. Non potè seguitare il suo re<br />

in Italia perché ammalatosi fece ritorno a Madrid, dove morì nel 1704 in età di anni 56 in circa.<br />

Palomino, Museo pittorico, tomo <strong>II</strong>I, a 480.<br />

Don Vincenzio de Benavides nato in Orano dell’Affrica, passò col padre a Madrid, dove entrò nella<br />

scuola di don Francesco Risi. Più che nelle figure riescì eccellente nell’architettura, prospettiva e ornati,<br />

onde fu molto impiegato nel dipignere teatri e mutazioni di scene, come altresì dipinse a fresco in<br />

diverse chiese di Madrid, dove morì nel 1703 di anni 66. Fu uomo rigido e di aspetto veramente<br />

affricano, corpulento e alquanto zoppo, onde non era molto aggradevole. Palomino, Museo pittorico,<br />

tomo <strong>II</strong>I, a 463.<br />

Don Isidoro Arredondo pittore. Nacque nella città di Colmenar di Oraja l’anno 1653. Il padre suo,<br />

avendo riconosciuto la sua grande inclinazione alla pittura, lo mandò a Madrid nella scuola di don<br />

Giuseppe Garsia, uomo singolare ma però di un umore assai stravagante. [p. 730 – <strong>II</strong> – C_116V] Dopo<br />

alcuni mesi passò in quella di don Francesco Risi e quivi in pochi anni fece un profitto sì grande che,<br />

avendo fatte alcune pitture per il re Carlo <strong>II</strong>, fu da esso dichiarato suo pittore con onorato stipendio.<br />

Prese per moglie una onesta donzella datagli dal suo stesso maestro, colla quale viveva in una perfetta<br />

concordia. Venendo a morte il Risi, lo lasciò erede di tutto il suo studio di pittura, che era molto<br />

considerabile e di gran prezzo. Seguitando a dipingere fece diverse opere pubbliche e private, con<br />

riportarne sempre accrescimento di gloria. Operò a fresco e a tempera per servizio di Sua Maestà e<br />

finalmente morì in Madrid di anni 48 nel 1702. Palomino, Museo pittorico, tomo <strong>II</strong>I, a 461.<br />

Don Francesco de Vera Cabeza de Baca, nacque nella città di Catalaycud nel regno di Aragona, fu di<br />

condizione così conosciuta che fu ricevuto paggio del serenissimo don Giovanni di Austria, quando<br />

quell’altezza stava in Saragozza. L’affetto grande che quel serenissimo aveva per la pittura, diede<br />

motivo a don Francesco di abbandonarsi interamente al genio che egli aveva per la medesima arte,<br />

nella quale avendo fatto un gran profitto colla direzione della prefata altezza, quando quella passò a<br />

Madrid don Francesco ottenne licenza di ritirarsi a casa sua per quivi esercitar con quiete l’appresa<br />

pittura, conforme egli fece poi per puro diletto, donando le sue opere alle chiese, agli amici e ornando<br />

con quelle la propria casa paterna. In questa guisa andava passando la sua vita con fama di gran virtù e<br />

di costumi esemplari, sino a tanto che morì in patria nel 1700 di anni 63. Palomino, Museo pittorico,<br />

tomo <strong>II</strong>I, a 460.

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