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volume II - Grand Tour

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giudizio sopra la contesa, che al Gessi fu forza il cedere lo campo, con divenire appresso di ognuno<br />

oggetto di tutta abominazione. Ritiratosi da queste sue pretenzioni, per non poter far altri, andava<br />

dicendo che ciò faceva per mera cortesia e gratitudine verso il maestro. Non cessò però mai di parlarne<br />

nel peggior modo che gli fosse possibile. Aperse scuola e stanza da per se stesso, e fu la medesima che<br />

aveva usata Guido, vantandosi di essersi partito da lui, perché conosceva che nell’arte della pittura<br />

poteva andar del pari con lui e simili altre cose andava dicendo per iscreditarlo, con che però discredito<br />

assai peggiore procurava a se stesso. Fu grand’uomo, quando ei non conobbe di esserlo, ma divenne<br />

minore di sé e di molti altri, quando diede luogo alla presunzione. Altiero di natura, nei suoi discorsi<br />

impetuoso e tenace della propria opinione, a segno che bene spesso era oggetto di resa. Ebbe una<br />

fioritissima scuola. Baldinucci, decennale <strong>II</strong>I, della parte <strong>II</strong>I, del secolo [p. 907 – <strong>II</strong> – C_207R] IV, a<br />

328, in fine della Vita di Guido Reni. Morelli, a 51. Masini, a 61, 64, 82, 86, 99, 100, 119, 123, 125, 139,<br />

140, 170, 209, 222, 226, 246, 258, 308, 407, 419, 445, 531, 543 e 622. Sono sue opere altresì nella chiesa<br />

di San Vitale di Ravenna, notate da Girolamo Fabri, nella parte I, a 362, e parte <strong>II</strong>, a 554, dove dice che<br />

dipinse nella cappella del Santissimo della cattedrale di Ravenna insieme con Guido Reni e Giovanni<br />

Giacomo Sementi. Giampiero Zannotti, nella sua Istoria dell’Accademia Clementina, libro I, capitolo IV, a<br />

26. Di questo artefice ne fa menzione ancora Odoardo Wright nei suoi Viaggi, <strong>volume</strong> I, a 104, dove<br />

registra le sue opere che sono in Ferrara.<br />

Francesco Girardon scultore e architetto, nato a Troyes nella Sciampagna e allievo di Lorenzo Maniere.<br />

Dopo essersi perfezionato presso Francesco Ariguier, molto acquistò di stima per le opere di scultura<br />

che fece a Versaglies per il re Luigi XIV. Sua Maestà lo mandò a Roma con una pensione di mille<br />

scudi, e nel suo ritorno ha sempre lavorato per comando regio per le case reali, e per i giardini di<br />

Versaglies, di Trianon e di Fontanablò, i quali contengono opere maravigliose di sua mano, tanto in<br />

bronzo che in marmo, eseguite sopra i suoi modelli o sopra di disegni di Carlo Le Brun, primo pittore<br />

del re, dopo la morte del quale, Sua Maestà gli diede il carico e l’assistenza sopra tutte le altre opere di<br />

scultura. Pietro Puget fu l’unico che non volle assoggettarseli, ritirandosi a Marsilia in Provenza, ove<br />

però proseguì a lavorare per regio servizio. Se Girardon non ebbe l’esecuzione per condurre da sé le<br />

opere come Puget, ebbe bensì il dono della correzione e del componimento, come può giudicarsi con<br />

ammirazione nelle sue opere, delle quali, quella per il deposito del cardinale Riscelieu nella chiesa della<br />

Sorbona, vedesi alle stampe intagliata da Gherardo Audran, e serve di guida agli stranieri che passano<br />

per Parigi per andare a osservare sì bella manifattura. Aveva il suo alloggio e stanza per i lavori nel<br />

Louvre, e questi erano ornati di figure, busti, bronzi, lampade, monumenti antichi, modelli del<br />

Buonarroti, di Francesco Fiammingo, dell’Algardi e di altri. Non vi mancavano pitture, disegni e<br />

medaglie, che tutto assieme formavano una singolare galleria, dalla quale si cavano copie, modelli e<br />

stampe, per ammaestramento e profitto dei professori. Morì l’anno 1715 in età di anni 88. Direttore<br />

anziano, e cancelliere dell’Accademia, e fu sepolto nel deposito fatto da lui vivente, il quale è ornato<br />

con più figure di marmo, nella chiesa di Zandry. Lasciò ricco patrimonio alli [p. 908 – <strong>II</strong> – C_207V]<br />

suoi eredi. Fece la statua equestre di Luigi il grande re di Francia, collocata nella piazza di Vandome in<br />

Parigi. Fu l’inventore del capitello franzese, come scrive monsù Daviler nel suo libro intitolato Corso di<br />

architettura ecc., a 298 e 316. L’abate Guilbert, nella sua Descrizione istorica di Fontanablò, tomo I, a 68.<br />

Monsù Piganiol de la Force, nella sua Nuova descrizione di Versaglies, di Trianon e di Marly, edizione V,<br />

tomo I, a 9, 13, 15, 153, 163, 164 e 170. E tomo <strong>II</strong>, a 19, 35, 140, 151, 154, 162, 171, 219, 220, 223, 254<br />

e 280. Florent Le Comte, libro I, a 24.<br />

Francesco Giugni, discepolo e puntuale imitatore del Palma Juniore, come da tante opere sue a olio e a<br />

fresco, in pubblico e in privato nella sua patria di Brescia. Era uomo gioviale, arguto, dilettante di<br />

musica e di commedie. Eresse in sua casa l’Accademia dei Sollevati, da cui fiorirono molti bellissimi<br />

ingegni. Questa terminò al finire della sua vita, che fu compiuta da 62 anni nel 1636. Ridolfi, parte <strong>II</strong>, a<br />

258.

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