volume II - Grand Tour
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e meritò una collana d’oro con medaglia e mercede maggiore di quelle che ricevette Tiziano in tutte tre<br />
le volte che lo ritrasse. Sandrart, a 224. Questo fatto è molto sospetto di falsità, con pace del padre<br />
maestro Orlandi e più del Sandrart. Fu scolare di Giovanni Holbein Juniore, e fece gran quantità di<br />
opere per diverse città dell’Alemagna. Monsù de Piles nel fine della Vita del suddetto Holbein, nel<br />
Compendio della vita dei pittori, edizione <strong>II</strong>, libro VI, a 359.<br />
Cristofano Bresciano e Stefano, fratelli, vedi Cristofano Rosa. Di questi due bravi pittori di prospettive<br />
ne fa menzione il Vasari nella parte <strong>II</strong>I, a 564, nella Vita di Benvenuto Garofalo.<br />
Cristofano Casolano di padre lombardo, nacque in Roma e fu istruito nella pittura dal cavalier<br />
Pomaranci, così bene si approfittò di quella maniera, che più volte aiutò il maestro. Dipinse in varie<br />
chiese di Roma. Rimase colpito dalla morte in fresca età. Baglioni, a 306.<br />
Cristofano Castelli parmigiano e riferito dal Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro I, a 12, 551 e 557 per la bella tavola<br />
che l’anno 1499 dipinse nel duomo di Parma, nella Vita di Girolamo [p. 570 – <strong>II</strong> – C_036V] ferrarese e<br />
in quella di Benvenuto Garofalo.<br />
Cristofano dell’Altissimo, fiorentino, scolare del Pontormo, poi di Agnolo Bronzino, detto il Bronzin<br />
Vecchio, non solo fu pittore istorico ma si dilettò di fare somigliantissimi ritratti che sembravano vivi.<br />
Questa fu la cagione per la quale il serenissimo granduca Cosimo lo mandò a Como per ricavare dal<br />
famoso museo di monsignor Giovio, molti ritratti di persone illustri per arricchire la sua nobile galleria.<br />
Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro <strong>II</strong>, a 279 e 868, nelle Vite degli accademici. Baldinucci, decennale I, della parte<br />
<strong>II</strong>I, del secolo IV, a 170, ove riporta Alessandro Lamo che nei suoi Discorsi parla con lode<br />
dell’Altissimo.<br />
Cristofano da Bologna dipinse nei padri Celestini e in Santa Maria di Mezza Ratta, circa all’anno 1380,<br />
Masini, a 618, Bumaldi, a 239. Questo Cristofano dal Vedriani, a 22, è detto da Modane, da altri da<br />
Ferrara. Il Vasari, parte I, a 165 scrive che a concorrenza di Galasso da Ferrara, di Giacomo e di<br />
Simone pittori bolognesi, dipinse nella chiesa di Mezza Ratta fuori da Bologna dalla creazione di<br />
Adamo sino alla morte di Mosè. Simone e Giacomo in trenta scompartimenti dipinsero dalla nascita di<br />
Giesù Cristo sino all’Ultima cena e Galasso colorì la Passione di Nostro Signore. Tutte queste opere<br />
furono finite l’anno 1404, ne parla il Vasari nella Vita di Niccolò Aretino, scultore, parte <strong>II</strong>, a 255,<br />
dicendo di non sapere se sia ferrarese o pure da Modane. Malvasia, parte I, a 23, fa dire al Vasari, che<br />
questo Cristofano era assolutamente bolognese quando il Vasari scrisse di non sapere se sia ferrarese o<br />
pure di Modane. Non vuole altresì che egli dipingesse nella chiesa di Mezza Ratta a concorrenza di altri<br />
pittori, ma bensì prima d’ogni altro. E dice in oltre che solamente dipinse a concorrenza di altri pittori<br />
nell’antico chiostro di San Domenico, pretendendo in ciò di correggere il Vasari. Il che quando sia<br />
vero non è poi uno sbaglio da farne tanta vernia, come egli fa per usare questo suo termine. Il detto<br />
Masini, a 618, nel luogo sopra citato dice che fioriva nel 1390. Giampiero Zannotti nella sua Istoria<br />
dell’Accademia Clementina, libro I, capitolo IV, a 19 e libro IV, a 360 lo pone assolutamente tra i pittori<br />
bolognesi.<br />
Cristofano Gherardi detto il Doceno, del Borgo San Sepolcro, imparò da Raffaello del Colle. Fu<br />
soldato e poi cangiò la spada in pennelli, divenendo pittore universale in figure, in paesi e in grottesche.<br />
Dipinse in Roma, in Napoli, in Perugia e in Firenze. Visse 56 anni e morì in patria nel 1556.<br />
Dispiacque molto la sua morte a Cosimo I granduca di Toscana, onde fece fare in marmo la testa [p.<br />
571 – <strong>II</strong> – C_037R] di lui e la mandò al Borgo San Sepolcro, dove fu collocata nella chiesa di San<br />
Francesco con uno onoratissimo epitaffio fatto dai pittori toscani. Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro I, a 458.<br />
Morelli, a 76 e 142. Il Pinarolo, tomo I, a 302. Monsù Filibien, libro <strong>II</strong>, a 168 scrive con poca stima di<br />
questo artefice e pure per quei suoi tempi fu uomo di valore e di merito e non da mettersi fra la torba.