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volume II - Grand Tour

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Enea Vighi o Vico da Parma, famoso intagliatore in rame, incise opere varie del Rosso, del Buonarroti,<br />

di [p. 787 – <strong>II</strong> – C_145R] Tiziano, del Bandinelli, del Clovio, del Salviati ecc. Fece i ritratti di Carlo V,<br />

d’Arrigo re di Francia, di Giovanni e di Cosimo de’ Medici e di Alfonso <strong>II</strong> duca di Ferrara, presso del<br />

quale riposò tutto il resto di sua vita e gl’intagliò l’albero ducale. Si dilettò d’anticaglie, diede alle<br />

stampe più libri di medaglie, incise l’albero dei Dodici Cesari. Intagliò 50 abiti di nazioni diverse e<br />

dopo molti travagli e fatiche riposandosi sotto la protezione di Alfonso <strong>II</strong>, duca di Ferrara, finì con<br />

gloria i suoi giorni. Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro I, a 306, nelle Vite di diversi, il quale scrive che viveva e<br />

operava tuttavia nel suo tempo e Baldinucci nell’Arte dell’intagliare in rame, a 4. Giovanni de Bombourg<br />

di Lione nel suo libro intitolato Ricerca curiosa della vita di Raffaello ecc., a 67. Filibien, libro <strong>II</strong>, a 103.<br />

Florent Le Comte, nell’Idea di una bella biblioteca di stampe ecc., libro I, a 179. Intagliò a bulino i trionfi<br />

dei Romani e loro pompa, in 12 mezzi fogli reali per traverso come si trova notato nell’indice del Rossi<br />

del 1724, a 16.<br />

Enrico Bloemart intagliatore olandese, fratello di Cornelio e figliuolo di Abramo che gli fu maestro. Ma<br />

poco dopo la morte del padre, che seguì nel 1647, l’accompagnò in florida età al sepolcro. Sandrart, a<br />

290. Baldinucci nella Vita di Abramo Bloemart, decennale <strong>II</strong>, della parte <strong>II</strong>I, del secolo IV, a 243. Jacob<br />

Campo Weyerman nella Vita di Abramo Bloemart, parte I.<br />

Enrico Cornelio Vroom, nato in Arleme di Olanda l’anno 1566, imparò il disegno dal suo avo<br />

artificioso statuario e dal suo padrino, plastico e formatore di vasi di porcellana. Si trattenne in Siviglia<br />

con un pittore tedesco e in Roma con Paolo Brilli. Veduta poi tutta l’Italia ritornò in Olanda e di là in<br />

Spagna ed ivi dipinse molto bene di naumachie, di paesi, di lontananze, di pesci, città, arazzi ecc. Fu in<br />

Firenze, dove per due anni servì Ferdinando cardinale de’ Medici, poi granduca di Toscana, dipingendo<br />

storiette, ritratti e paesi per lo più copiati dalle stampe. Sandrart, a 274. Baldinucci, decennale <strong>II</strong>, della<br />

parte <strong>II</strong>I, del secolo IV, a 231. Scrive Enrick Corneliissen pittore, figliuolo di Cornelio [p. 787 – <strong>II</strong> –<br />

C_145V] Enrikson scultore di buon disegno, maestro di porcellana e fratello di Enrikson ancor esso<br />

buon scultore, geometra, architetto e prospettico che in Danzica fu maestro della fabbrica. Filibien,<br />

libro <strong>II</strong>I, a 255 e 256.<br />

Enrico de Bles boemo imitatore di Giovacchino Paternier, lavorò in Germania e in Italia,<br />

particolarmente in San Nazzaro di Brescia l’altare della Nascita del Redentore a olio e i laterali a fresco.<br />

Perché si dilettò di far paesi e nasconder sempre in qualche luogo capriccioso una civetta quindi è che<br />

fu chiamato comunemente il Civetta. Lomazzo, a 689. Rinnovazione del Boschini del 1733, a 22. Il<br />

Baldinucci, decennale <strong>II</strong>, del secolo IV, a 224. Ne fa menzione, ma lo chiama Ezzi de Bles (forse per<br />

errore di stampa), pittore di Bovines, detto il Civetta. Fu detto per soprannome de Bles che significa:<br />

colla macchia, perché aveva una ciocca di capelli interamente bianca. Fioriva circa il 1520. Il Lomazzo,<br />

libro VI, a 475 lo chiama Henrico Blessio dalla civetta.<br />

Enrico e Carlo Bobrun suo cugino, nati in Amboisa nella Turena, furono pittori non solo dei re Enrico<br />

IV e Luigi X<strong>II</strong>I, ma ancora aiutanti di camera e custodi della Guardaroba. Fecero perfettamente i<br />

ritratti con sodisfazione di tutta la corte. Erano industriosissimi ancora per inventare divertimenti nei<br />

regi balli, e dare disegni per vaghe mode di vestire da camera e da teatro e mercé della loro virtù,<br />

furono della regia protezione dichiarati tesorieri della Reale Accademia, nel qual grado morirono.<br />

Filibien, libro IV, a 263, nella loro Vita dice che la loro maniera di dipingere era tanto simile che nel<br />

fare un ritratto vi dipignevano a vicenda l’uno e l’altro, servendosi della medesima tavolozza e degli<br />

stessi pennelli. Enrico morì nel mese di maggio l’anno 1677.<br />

Enrico de Clef pittore di Anversa, pervenuto in Italia copiò le più belle vedute dei nostri contorni e se<br />

ne servì nei dipinti. Diede alle stampe varie carte di antichità e di ruine inventate da Melchior<br />

Lorchense. Terminò molte pitture [p. 789 – <strong>II</strong> – C_146R] lasciate imperfette nella morte di Francesco<br />

Floris e le accordò così bene che sembrarono formate da una stessa mano. Morì in vecchiaia nel 1589.

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