volume II - Grand Tour
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del secolo V, a 94. Monsù de Piles, nel Compendio delle vite dei pittori, edizione <strong>II</strong>, libro <strong>II</strong>, a 145.<br />
Francesco Albertini prete fiorentino, nel suo Memoriale ecc., stampato in Firenze nel 1510, al tempo<br />
dell’illustrissimo Pietro Soderini, gonfaloniere e primo duce perpetuo, a 4 tergo. Filibien, libro I, a 127.<br />
Florent Le Comte, nel suo libro intitolato Gabinetto di quadri, statue e stampe ecc., libro I, a 83.<br />
Domenico Zampieri bolognese, detto il Domenichino. Nacque il dì 21 ottobre 1581: suo padre fu di<br />
professione calzolaio e nel suo grado assai comodo. Nella scuola di Dionisio fiammingo o sia Dionisio<br />
Calvart, dove da fanciullo più intento alla pittura che alle lettere, fu introdotto. Col nome di<br />
Domenichino, che si tenne sino alla morte, passò poi a quella dei Caracci e nel disegno, oltrepassando<br />
tutti i compagni, ebbe la gloria di esser dichiarato principe dell’Accademia. Modesto, diligente, ameno,<br />
spiritoso, espressivo, tra il colorito di Guido Reni e del Guercino, e grazioso nel dipinto, fu sospirato<br />
da varie città, in particolare da Roma, ove aprì scuola, e da Napoli, ove chiuse gli occhi, e nell’una e<br />
nell’altra città, in pubblico e in privato, lasciò memorie insigni del suo fecondo ingegno ed erudito<br />
pennello. Non senza sospetto di veleno, d’anni 59, correndo il 1641. Nella cattedrale di Napoli ebbe<br />
onorevole sepoltura. Baglioni, a 381. Malvasia, parte <strong>II</strong>, a 123, dove registra le di lui stampe, parte IV, a<br />
309. Sandrart, a 186 e 380. Qualunque gran lode che dar si possa a questo eccellentissimo artefice sarà<br />
sempre infinitamente minore del di lui sublimissimo merito. Basti il dire che tale fu la stima che ebbe di<br />
lui Niccolò Possino, che egli fu solito il dire di non conoscere al suo tempo altri che un solo pittore e<br />
questi essere il Zampieri, aggiugnendo che la trasfigurazione di Raffaello, la Deposizione di croce di<br />
Daniello da Volterra e il S. Girolamo della Carità del Domenichino, erano i più stupendi quadri che<br />
fossero in Roma. In fatti, oltre alle tante perfezioni che egli possedeva nell’arte della pittura, chi meglio<br />
di lui seppe esprimere gli affetti e le passioni dell’animo? Baldinucci, decennale <strong>II</strong>I, della parte <strong>II</strong>I, del<br />
secolo IV, a 344, il quale scrive che morì settagenario. Bellori, parte I, a 289. Gaspero Celio, a 19. [p.<br />
690 – <strong>II</strong> – C_096V] Pinarolo, tomo I, a 137, 139 e 395, e tomo <strong>II</strong>, a 27 e 53. Monsù de Piles, nel<br />
Compendio delle vite dei pittori, edizione <strong>II</strong>, libro V, a 312, nella sua Vita, e 314, ove fa le riflessioni sopra le<br />
opere di questo grandissimo uomo, le quali riflessioni son piene di falsità, se non tutte almeno la<br />
maggior parte, tacciando ingiustamente quello eccellente maestro e cercando a capriccio le<br />
imperfezioni ove non sono che maraviglie. Masini, a 123 e 463. Monsù Piganiol de la Force, nella sua<br />
nuova Descrizione di Versaglies, di Trianon e di Marly, edizione V, tomo I, a 217, 221 e 227, e tomo <strong>II</strong>, a<br />
298. Di questo grande artefice ne parla sempre con somma lode Giampiero Zannotti, nella sua Istoria<br />
dell’Accademia Clementina, tomo I, capitolo IV, a 24, 25 e 29; capitolo XV, a 105 e 412, nella Vita di<br />
Gioseffo Roli. Monsù Filibien, libro <strong>II</strong>I, da 362, 383. Florent Le Comte, nell’Idea di una bella biblioteca di<br />
stampe ecc., libro I, a 180.<br />
Per maggior comodo dei dilettanti porrò in questo luogo alcune stampe intagliate dalle sue opere e<br />
primieramente quattro tondi compagni: che uno è la Giuditta che mostra al popolo ebreo la testa di<br />
Oloferne; il secondo David, che balla avanti l’arca; il terzo, la regina Ester avanti al re Assuero; il<br />
quarto, Salomone in trono colla regina Saba. Once 10 e mezzo per alto, senza lo scritto; once 9 e un<br />
terzo larghe; intagliate da Giacomo Frey.<br />
I quattro angoli della cupola di San Carlo dei Catenari in Roma, tutti della stessa misura: once 18 alte,<br />
once 12 e un terzo larghe, intagliate da Giacomo Frey, da esso disegnate in Roma 1725.<br />
La favola di Diana dipinta in Bassano nel palazzo del principe Giustiniani, intagliata da Girolamo<br />
Frezza nel 1713 in otto pezzi di diverse misure, compreso il frontespizio.<br />
Il S. Girolamo in ginocchio con una croce nella destra, riguardante un angelo in aria che gli è dietro e il<br />
leone in terra in un angolo della carta. Nell’altro angolo e in terra, vi è scritto Dominicus intentor Pietro del<br />
Po’ sc., alta once 13 e 2 terzi e larga once 10 e 2 terzi.<br />
Il famoso S. Girolamo della Carità, intagliato in Roma nel 1729 da Giacomo Frey e da esso dedicato al<br />
cardinale Anibale Albani. Carta grande, per alto once 20 e un terzo, compresa la dedicatoria, e once 12<br />
scarse per larghezza.<br />
S. Pietro piangente con le mani giunte, in ovato; scritto sotto: auribus percipe lachymas meas. Salmo 38. E<br />
più sotto, nell’angolo destro: Dominicus Zamperius pinxit. Senza il nome dell’intagliatore; once 11 scarse<br />
per alto, once 8 ardite per traverso.