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volume II - Grand Tour

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San Giovanni in Monte di Bologna. Florent Le Comte, nel suo libro intitolato Gabinetto di quadri, statue e<br />

stampe ecc, libro I, a 97.<br />

Francesco Furini fiorentino, figliuolo e scolare di Filippo, detto Pippo Sciamerone già descritto, poi dal<br />

medesimo posto sotto la direzione del Passignano, indi nella scuola del Bilivert, e finalmente in quella<br />

di Matteo Rosselli. Giunto ch’ei fu in una età confacevole coi buoni studi, fu dal padre mantenuto per<br />

più anni in Roma, indi tornò valentuomo alla patria. Questo valoroso pittore ebbe una grazia<br />

straordinaria, e una dolcissima maniera nel dipignere le opere sue, e specialmente femmine nude, nelle<br />

carnagioni delle quali non ebbe pari; molte di esse si ritrovano nei palazzi del già marchese Ridolfi, ora<br />

dei padri canonici di Ferrara di lui eredi, abitanti in Firenze. In quella dei signori marchesi Vitelli, che<br />

furono i mecenati di questo grand’uomo, onde per tal motivo, i detti signori marchesi Vitelli<br />

posseggono moltissimi quadri di sua mano, siccome i signori principi Corsini. Nell’età di circa 40 anni<br />

vestì l’abito clericale, e fu provveduto di una chiesa curata nel contado di Mugello, dove, d’anni 49,<br />

morì nel 1649. Manoscritto. Fu uomo, come si suol dire, di buona pasta e amico dell’amico, piuttosto<br />

malinconico, ma nelle conversazioni sollazzevoli e festose molto si rallegrava. Ebbe genio di poesia<br />

bernesca, nel cui stile fece composizioni assai lodevoli. Non fu punto interessato, anzi [p. 905 – <strong>II</strong> –<br />

C_206R] pochissimo o nulla stimava il danaro. Non risparmiava fatica nelle sue pitture, impiegando<br />

gran quantità di azzurro nelle sue tinte, e specialmente nelle carni e sino nelle stesse bozze. Premeva in<br />

aver sempre naturali di ottime parti, e proporzionanti e per ordinario teneva sempre fanciulle.<br />

Fu grande amico del celebre Andrea Salvadori, poeta insignissimo fiorentino, che l’aiutò molto nelle<br />

poetiche invenzioni. Vide Roma, e vi lasciò degne prove del suo pennello. Morì nel 1649, e fu sepolto<br />

assai poveramente in San Lorenzo di Firenze, detta la Basilica Ambrosiana. Si ammalò in una villetta<br />

del duca Salviati, presso al ponte alla Badia assai vicina a Firenze, dove fu condotto, e quivi morì, non<br />

già alla sua chiesa curata, come erroneamente scrive il padre maestro Orlandi. Baldinucci, decennale<br />

<strong>II</strong>I, della parte I, del secolo V, a 258. Il suo ritratto, fatto da se medesimo in disegno a lapis rosso e<br />

nero, lo conserva insieme con molti altri ritratti di diversi professori di loro propria mano, quello che<br />

queste cose scrive. Il predetto Baldinucci ne parla ancora nel decennale <strong>II</strong>, della parte I, a 24, nella Vita<br />

di Giovanni da San Giovanni, dove racconta diversi casi seguiti in Roma a Filippo Furini, e a Giovanni<br />

da San Giovanni, e in specie quello che successe loro quando Giovanni dipinse a fresco nel palazzo del<br />

cardinale Bentivogli, ora del duca Rospigliosi, il carro della notte nella camera allato a quella dove<br />

Guido Reni aveva dipinto il tanto celebre sfondo dell’Aurora, che per disprezzo dello stesso Giovanni<br />

venne guasto sino in cinque volte, di notte tempo da certi franzesi, pittori di grottesche che quel<br />

cardinale teneva nel suo palazzo, facendo loro dipignere alcune grottesche nel suo giardino.<br />

Francesco Gentileschi, figliuolo di Orazio pisano, insigne pittore, dopo la morte del padre andò a<br />

Genova, imparò dal Sarzana, e per qualche tempo si esercitò col maestro nel colorire. Partito che fu da<br />

Genova, passò all’altra vita. Soprani, a 252. Baldinucci, decennale V, della parte I, del secolo V, a 538,<br />

nella Vita di Domenico Fiasella, detto il Sarzana.<br />

[p. 906 – <strong>II</strong> – C_206V] Francesco Gessi nacque in Bologna l’anno 1588 alli 20 di gennaio, di stirpe<br />

nobile. Inabile alle lettere, lasciato in libertà dal padre, cercò il disegno dal Calvart e dal Cremonini, ma<br />

riuscendo in quelle scuole uno spirito troppo vivace, fu escluso da quei maestri. Parve che si<br />

acquietasse in quella di Guido Reni in compagnia di Giovanni Giacomo Sementi, ed infatti fece tanto<br />

profitto, che niuno mai imitò sì bene quella gustosa maniera; quindi fu che opere pubbliche e private,<br />

che non poteva fare Guido o le conferiva o le prendeva a compagnia del Gessi. Fu pastoso, gentile, ed<br />

ameno nei dipinti, che principiarono a perdere il lustro primerio quando rimase erede di molte<br />

comodità paterne, e di varie liti, che lo turbarono per un gran tempo. Morì capricciosamente per non<br />

volere ubbidire ai medici. Malvasia, parte IV, a 345; Sandrart, parte <strong>II</strong>, libro <strong>II</strong>, capitolo XXI, a 190. È<br />

ben cosa vergognosa a dire, seguita il Baldinucci, che il Gessi, col carico di tanti benefizzi ricevuti da<br />

Guido Reni, avesse poi animo e cuore bastante non solo a mettersi in competenza collo stesso Guido,<br />

ma eziando di muover contro di lui per gli aiuti prestatigli, pretenzioni di rimunerazioni spropositate, e<br />

non mai pattuite, tanto che poté eccitare tanta nausea verso se stesso in coloro a cui appartenne il dar

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