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volume II - Grand Tour

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fondo di quella chiesa. Condotto in Ispruch dall’arciduca Ferdinando, ivi morì l’anno 1661.<br />

Manoscritto. Bellissima è un’opera a fresco [p. 917 – <strong>II</strong> – C_212R] dipinta da questo spiritosissimo<br />

artefice nella sala terrena del palazzo de’ Pitti o sia nella corte di Toscana, che serve per l’anticamera<br />

all’appartamento dell’Estate di quella Altezza Reale, dove sono pitture bellissime di Giovanni da San<br />

Giovanni, di Francesco Furini e di Ottavio Vannini. Ma belle sopra ogni credere sono due lunette<br />

compagne dipinte a fresco sopra la porta di fianco della chiesa di Santa Maria Novella di Firenze dei<br />

padri Predicatori, dalla parte della piazza Vecchia, e l’altra sopra la stessa porta, per la parte di dentro<br />

opposta all’altra. I disegni di questo valentuomo sono stimati e ricercati dagli intendenti, perché<br />

realmente si trova in essi uno spirito e una espressione maravigliosa, eccedente ogni umana credenza.<br />

Nella collezione del celebre Filippo Baldinucci, scrittore delle Vite dei pittori, si ritrovano già circa 30<br />

disegni istoriati a lapis rosso e nero, nei quali erano espressi vari segni del medesimo Cecco Bravo, cosa<br />

a dir vero molto singolare, che fa vedere non tanto la stravaganza di quell’umore bizzarro, quanto<br />

eziando il brio e l’intelligenza di quel grand’uomo. Presentemente gli stessi disegni, insieme con un<br />

gran libro di sopra altri 400 tutti dello stesso autore, si trovano appresso di quegli che queste cose<br />

scrive. Di questo artefice ne parla il Baldinucci, nella Vita di Giovanni da San Giovanni, decennale <strong>II</strong>,<br />

della parte I, del secolo V, a 45, e nella Vita di Giovanni Bilivelt, decennale <strong>II</strong>, della parte I, del secolo<br />

V, a 74.<br />

Francesco Montemezzano veronese, tentò di approssimarsi alla maniera di Paolo Veronese, di cui fu<br />

scolare, ma per molto che si affaticasse, non guadagnò nei suoi dipinti quella nobiltà e grandezza che<br />

fu dote propria di quel valoroso maestro. Servì però molte volte Benedetto, fratello di Paolo nei lavori<br />

a fresco di Trevigi, di Venezia e di Verona. Invaghito d’altra signora, provò precipitosa caduta e<br />

terminò la vita di veleno nella più fresca età l’anno 1600. Ridolfi, parte <strong>II</strong>, a 137. Dal Pozzo, a 145.<br />

Baldinucci, decennale <strong>II</strong>I, della parte <strong>II</strong>, del secolo IV, a 240. L’Incognito conoscitore, parte I, a 197 e parte<br />

<strong>II</strong>, a 130.<br />

[p. 918 – <strong>II</strong> – C_212V] Francesco Monti, nato in Brescia nel 1646, chiamato il Brescianino dalle<br />

Battaglie, perché in quelle mirabilmente fiorì. Ha servito di sue operazioni molti principi e cavalieri, in<br />

Genova, in Roma, in Venezia, in Parma, in Napoli e in Germania. Imparò da Pietro Ricchi, chiamato il<br />

Lucchese, poi dal Borgognone delle Battaglie. Si fermò sempre in Parma col figliuolo, che seguitò le<br />

pedate del padre.<br />

Francesco Monti, nato in Bologna l’anno 1685, fu scolare prima di Sigismondo Caula in Modana, poi<br />

in Bologna di Giovanni Giuseppe del Sole, dal quale imparò il disegno e il dipignere, introdotto in<br />

quella scuola dal padre maestro Orlandi. La diligente attenzione del giovane ai dettami del suo diletto<br />

maestro lo francò ben presto in quella dolce e forte maniera, onde si è avanzato più volte a comparire<br />

nelle pubbliche chiese di Bologna, di Modana e di Reggio, dove le opere sue sono riguardate con<br />

qualche distinzione dai dilettanti. Vive in patria nel 1739 ed opera di continuo per compire le<br />

commissioni che non lo lasciano ozioso nel bel fiore della sua età, ora di anni 54, ritrovandosi<br />

presentemente in Brescia a dipignere la cupola della chiesa dei padri di S. Filippo Neri, insieme con<br />

Stefano Orlandi parimente bolognese, celebre pittore di architettura e di prospettiva, col quale aveva<br />

già dipinto nella detta città la sala del marchese Pietro Martinengo. Ma chi vuol essere meglio<br />

informato delle sue opere e delle sue belle qualità personali, legga la sua Vita scritta da Giampiero<br />

Zannotti, libro <strong>II</strong>I, a 217, ove troverà il suo ritratto nella Storia dell’Accademia Clementina, della quale è<br />

uno dei 40 accademici, e ne resse l’ottavo principato. Il medesimo Zannotti parla ancora di questo<br />

artefice in molti altri luoghi di detta opera.<br />

Francesco Morandini da Poppi (terra principale nel Casentino, stato di Firenze), detto volgarmente il<br />

Poppi, fu scolare di Giorgio Vasari, sotto il quale diligente, facile, felice, franco e franco pittore<br />

divenne. Senza fare gli schizzi o i disegni dei suoi pensieri, sopra le tele li partoriva. In ritratti, in istorie<br />

sacre e profane, per le chiese e per i palazzi fu maestro assai adoperato. Le sue pitture nondimeno<br />

hanno alquanto di quel duro che hanno quelle di altri pittori del suo tempo. E benché si vedano le

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