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volume II - Grand Tour

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400 scudi di entrata annua con altri molti regali. Palomino, Museo pittorico, tomo <strong>II</strong>I, a 269, il quale<br />

scrive che morì in Firenze e non in Ancona. Monsù de Piles nel Compendio delle vite dei pittori, edizione<br />

<strong>II</strong>, libro <strong>II</strong>I, a 231, scrive che morì in Ancona in età di anni 66 nel 1602. Monsù Daviler nel suo libro<br />

intitolato Corso di architettura ecc., nella Vita del Vignola e a 260. Masini, a 120. Giovanni de Bombourg<br />

di Lione, nel suo libro intitolato Ricerca curiosa della vita di Raffaello ecc., a 88. La verità però sì è che<br />

Federigo Zuccheri morì in Ancona. Parla di quest’uomo il Manni, nelle sue Osservazioni storiche sopra i<br />

sigilli antichi de’ secoli bassi, tomo <strong>II</strong>I, a 92. Filibien, libro <strong>II</strong>I, a 234. Florent Le Comte nell’Idea di una bella<br />

biblioteca di stampe, libro I, a 179. Sono sue opere in San Francesco delle Vigne in Venezia, registrate nel<br />

libro intitolato Il forestiero illuminato ecc., impresso in Venezia nel 1740, a 126. Odoardo Wright nei suoi<br />

Viaggi, <strong>volume</strong> I, a 260, fa menzione delle opere del Zuccheri che sono nella sala Regia del palazzo<br />

pontificio in Vaticano, come pure a 261 di quelle che egli dipinse nella cappella Paolina di detto luogo.<br />

Nelle Delizie dell’Italia, tomo I, a 260 si fa menzione della cupola del duomo di Firenze dipinta da<br />

Federigo Zuccheri. Nei Documenti di amore di Francesco da Barberino, a 213, trovasi la carta della<br />

Speranza inventata e disegnata da lui e intagliata da Cornelio Bloemart. Bellissima è una stampa di un<br />

Cenacolo inventata e disegnata da Federigo e intagliata da Cornelio Cort. Once 16 per alto, once 11<br />

per traverso.<br />

Felice Calvi genovese, Marcantonio, Aurelio e Benedetto, tutti fratelli, figliuoli e discepoli di Pantaleo e<br />

nipoti di Lazzaro (nella di cui casa per molti secoli fiorì la pittura e il disegno). Son tutti nominati dal<br />

Soprani, a 75.<br />

Felice Cignani nacque in Bologna, l’anno 1660, figliuolo e scolare del famoso Carlo Cignani del quale si<br />

è parlato. Con spirito sollevato, con vago dipinto e con franco disegno imitò la maniera paterna, per<br />

cui si è con distinzione inoltrato alla gloria nella città di Forlì. Passò all’altra vita il dicembre del 1724.<br />

Di questo pittore ne parla l’Incognito conoscitore, nella parte I, a 63 e, scambiando il nome, a 305. Lasciò il<br />

conte Paolo suo figliuolo nato l’anno 1709 inclinato ancora egli molto alla pittura e imitatore lodevole<br />

della maniera del nonno, vedi Giampiero Zannotti nel fine della Vita di Carlo Cignani, libro <strong>II</strong>, della<br />

Storia dell’Accademia Clementina, a 163 e libro IV, a 325.<br />

[p. 853 – <strong>II</strong> – C_178R] Felice Pasqualini, bolognese detto il Lasagna, imparò la pittura da Lorenzo<br />

Sabatini. Vi fu ancora in Bologna Giovanni Batista Pasqualino, bravo intagliatore in rame nel 1622.<br />

Malvasia, parte <strong>II</strong>, a 232. Masini, a 38.<br />

Felice Pellegrini, fratello di Vincenzio detto il pittor bello, nacque in Perugia l’anno 1567, fu scolare del<br />

Barocci. Per la sublimità del suo ingegno fu chiamato a Roma da papa Clemente Ottavo per servizio<br />

del Vaticano. Morì in patria sepolto nei padri Conventuali di San Francesco. Manoscritto. Morelli, a 82.<br />

Il Pascoli, nel tomo <strong>II</strong>I, a 169, discorda dal Morelli dicendo che la sua morte potesse seguire circa al<br />

1630 e che non potesse fiorire nel 1540, conforme scrive il detto Morelli.<br />

Felice Ricci o Riccio veronese, figliuolo e non fratello, come erroneamente scrive il padre maestro<br />

Orlandi, di Domenico detto il Brusasorci, restò erede in fresca età non meno della virtù che delle<br />

sustanze paterne. Essendo di spirito vivace vagò per il mondo, poi si fermò in Firenze con Jacopo<br />

Ligozzi suo paesano e pittore del granduca Ferdinando I, dal quale imparò una certa dilicatezza di<br />

tignere che molto gradì alla sua patria, nella quale con replicati impegni lavorò nelle chiese, nei palazzi<br />

e nelle sale, a olio e a fresco, in ritratti e in prospettive, finché giunto l’anno 1605 e di sua età 65<br />

cambiò gli onori acquistati in vita con gli immarcescibili della gloria, e fu chi disse di veleno<br />

preparatogli dall’infida sua consorte. Ridolfi, parte <strong>II</strong>, a 119. Dal Pozzo, a 72. Baldinucci, decennale I,<br />

della parte <strong>II</strong>I, del secolo IV, a 212. Vasari, parte <strong>II</strong>I, [p. 854 – <strong>II</strong> – C_178V] a 524, nella Vita di<br />

Michele San Michele. Nella città di Verona sono molte opere di questo valente artefice, tanto per le<br />

chiese che per le case, le quali vengono registrate dall’Incognito conoscitore, vedi l’indice della parte I, a<br />

320.

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