volume II - Grand Tour
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fogli in bianco sottoscritti per i pagamenti delle sue opere. Di là partito andò a Roma, d’indi a Lucca<br />
per soggiacere al taglio della pietra da cui era dolorosamente oppresso, ma ivi è morto nell’anno 1718.<br />
Don Ermanno Stroisi, imparò in Genova dallo Strozzi e tanto uguagliò quella maniera, che erano<br />
sempre in contesa i dilettanti e compratori se le pitture fossero del maestro o dello scolare. In Venezia<br />
cangiò maniera, aderendo con profitto maggiore al dipinto di Tiziano. Boschini, a 520. Nel libro<br />
intitolato Il forestiero illuminato ecc., impresso in Venezia nel 1740, si trovano registrate alcune sue<br />
pitture, che sono nelle seguenti chiese di Venezia, cioè nello Spedaletto, a 148; in San Marcuola, a 184;<br />
e nei Carmini, a 235.<br />
Don Fabio della Corgna o Cornia, fratello del duca della Corgna perugino. Tralle altre singolari virtù,<br />
possedeva quella del disegno e della pittura, onde di sua mano si vedono vari dipinti a fresco nel<br />
palazzo del duca di Castiglione del Lago, ed in altri luoghi quadri a olio fatti di buon gusto. Viveva nel<br />
secolo passato 1600. Manoscritto.<br />
Don Giulio Clovio, per voto fatto l’anno 1527 nel sacco di Roma, essendo prigione degli spagnuoli,<br />
entrò nella religione dei canonici regolari. Nacque in Grisone di Schiavonia. Pervenuto in Italia, imparò<br />
il disegno da Giulio Romano. Disposto dalla natura a dipignere minutissime miniature, riescì in<br />
superlativo grado [p. 693 – <strong>II</strong> – C_098R] eccellente, di modo che servì imperatori, re, pontefici e<br />
monarchi. Tanto stimò il Durero i ritratti e le storiette di questo valentuomo, che molte ne diede alle<br />
stampe. Per opera del cardinal Grimani ottenne dal papa d’escire dalla religione. Lavorò sino all’ultima<br />
vecchiezza, sempre di uno stesso gusto e ripieno di buone operazioni volò alla gloria in età d’anni 80,<br />
nel 1578, e fu sepolto in San Pietro in Vincola con memoria e bassorilievo. Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro <strong>II</strong>, a<br />
849. Baglioni, a 14, il quale dice che nacque in Grisone, villa della Croazia, sotto la diocesi dei signori<br />
Madracci e che la famiglia dei Clovii venne in quelle parti dalla Macedonia. Pinarolo, tomo I, a 299.<br />
Molte stupendissime opere in miniatura di questo grand’uomo si conservano fralle infinite rarità, che<br />
sono nella Real Galleria di Toscana, e molte sono nella chiesa di San Lorenzo dello Escuriale di<br />
Spagna, descritte dal Mazzolari, a 175. Filibien, libro <strong>II</strong>I, a 88.<br />
Don Mattia Benedetti, nativo di Reggio, scolare di Orazio Talami. Dipingne di quadratura e di<br />
prospettiva. L’anno 1701 si fece onore nella volta della chiesa di Sant’Antonio di Brescia, servendoli di<br />
figuristi Giacinto Garofalini e Ferdinando Cairo. Averoldi, a 83.<br />
Don Pierto da Bagnara, canonico regolare lateranense, scolare di Raffaello da Urbino. Dipinse, nella<br />
sua chiesa di Santa Maria in Porta di Ravenna, il quadro di S. Lorenzo e nelle stanze abbaziali avvi un<br />
nobilissimo quadro, rappresentante la Crocifissione del Redentore, con numero grande di figure. Nel<br />
refettorio poi dipinse a fresco il miracolo della Moltiplicazione del pane e dei pesci, con infinità di<br />
figure e di prospettive. Nella volta sono ancora di sua mano i bellissimi rabeschi. Fabbri, a 138 e 145 e<br />
279.<br />
[p. 694 – <strong>II</strong> – C_098V] Don Silvestro monaco camaldolense nel monastero degli Angeli di Firenze.<br />
Miniò per eccellenza i libri da coro scritti da don Jacopo Fiorentino l’anno 1340. Questi, veduti poi da<br />
Leone X, furono desiderati per la basilica di San Pietro. Dell’uno e dell’altro di questi celebri scrittori,<br />
in una custodia si conservano quelle mani che tanto si affaticarono a gloria di Dio e dei suoi canti.<br />
Baldinucci, secolo <strong>II</strong>, a 61. Vasari, nella Vita di don Lorenzo, parte I, a 231.<br />
Don Vincenzio Vittoria di Valenza, canonico di Xativa. Fu scolare del cavalier Carlo Maratti. Sebbene<br />
non lasciò opere pubbliche, molte però se ne veggono in Roma in luoghi privati. Fu celebre dilettante<br />
di disegni, di stampe, di medaglie, di gemme, di cammei, di marmi, di metalli e di altre erudite antichità,<br />
delle quali aveva formato un famoso museo. Diede alle stampe alcune bellissime e verissime<br />
osservazioni pittoriche, sopra i libri della Felsina pittrice del conte Carlo Malvasia, alle quali fu risposto<br />
debolmente, dal per altro erudito pittore Giovanni Pietro Zannotti, come si dirà nella tavola <strong>II</strong>. Scrisse