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Il mobbing nel mondo del calcio professionistico 59<br />
suo complesso e che potrebbe vedere società e allenatore corresponsabili<br />
(ovviamente in presenza degli altri elementi cost<strong>it</strong>utivi la fattispecie di<br />
mobbing) per i danni sub<strong>it</strong>i dal calciatore.<br />
Ma, facendo un passo indietro, la nostra indagine può essere diretta<br />
anche in un senso diverso: può l’allenatore, indipendentemente dalla società<br />
porre in essere una condotta mobbizzante a carico del giocatore<br />
Abbiamo già detto che l’allenatore può, per scelta tecnica o dietro<br />
valutazione negativa della condizione fisica dell’atleta, decidere di non<br />
impiegarlo. E’ stato anche fugato ogni dubbio circa la sussistenza di<br />
un’ipotesi di demansionamento.<br />
Seguendo, tuttavia, lo stesso schema logico adottato per le decisioni<br />
societarie, cosa accadrebbe se la scelta di non impiegare il calciatore fosse<br />
contemporanea o successiva ad altri atteggiamenti molesti<br />
L’allenatore potrebbe sottoporre il calciatore a particolari e faticosi<br />
allenamenti; potrebbe emarginarlo, o addir<strong>it</strong>tura fare in modo che i compagni<br />
lo emarginino; potrebbe umiliarlo pubblicamente, potrebbe impedirgli di<br />
allenarsi o di partecipare al r<strong>it</strong>iro precampionato.<br />
Sicuramente, ad una prima lettura, è ravvisabile una condotta contraria ai<br />
principi di lealtà, prob<strong>it</strong>à e rett<strong>it</strong>udine sportiva, o al dovere di valorizzare il<br />
patrimonio tecnico della società, perseguibile come illeg<strong>it</strong>tima esclusione<br />
dalla prima squadra.<br />
Ma se a tali comportamenti aggiungiamo l’elemento di dolo, ad esempio la<br />
volontà di emarginare l’atleta dal gruppo per motivi personali, e un danno<br />
di natura psicologica a carico dello stesso, indubbiamente dovremmo<br />
concludere che, anche in questo caso, possa essere rinvenuto un fenomeno<br />
di mobbing.<br />
In più, ai sensi dell’art. 18, Accordo Collettivo, «l’allenatore deve<br />
sorvegliare la condotta morale e sportiva dei calciatori, nel favorire e<br />
sviluppare lo spir<strong>it</strong>o di corpo e l’affiatamento umano dei calciatori della<br />
società stessa».<br />
Si può ben comprendere come il disposto della norma in esame sia<br />
evocativa un ruolo molto particolare e delicato nella gestione della squadra,<br />
che si spinge oltre l’aspetto tecnico, comprendendo anche un amb<strong>it</strong>o di<br />
natura psicologica, e che inev<strong>it</strong>abilmente urta con una condotta mobbizzante.<br />
Se rifer<strong>it</strong>a all’allenatore, la definizione più esatta dovrebbe essere<br />
quella di bullying, con conseguente responsabil<strong>it</strong>à (per danni) esclusiva di<br />
quest’ultimo; se, invece, egli ha ag<strong>it</strong>o in virtù di una precisa strategia<br />
aziendale, la responsabil<strong>it</strong>à dovrà investire anche la società.<br />
Si può così concludere che, astrattamente, l’allenatore sia esente da<br />
specifici obblighi nei confronti del calciatore e, di conseguenza, da respon-