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ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pag<strong>in</strong>a 115<br />
<strong>in</strong> odore di peccato. Ma anche dai malati di mente. In una<br />
parola, quegli “<strong>in</strong>feriori” di cui si era occupato il Terzo<br />
Reich.<br />
Il r<strong>in</strong>verdito “progetto” era costato la vita a qu<strong>in</strong>dici persone<br />
tra il 1977 e il 1984. La prima vittima, sacrificata<br />
sull’altare di una purezza che Ludwig non aveva, era stato<br />
Guerr<strong>in</strong>o Sp<strong>in</strong>elli, un clochard di trent’anni, bruciato<br />
vivo a Verona nel suo giaciglio di cartone <strong>in</strong>ondato di<br />
benz<strong>in</strong>a. Il poveretto, una torcia umana, era morto fra<br />
atroci dolori e urla disumane sentite dall’altra parte del<br />
canale Camuzzoni. Ironia della sorte, era f<strong>in</strong>ito – <strong>in</strong>utilmente<br />
– nel reparto dell’ospedale di cui era primario il<br />
padre di uno dei suoi carnefici. Poi era toccato a Luciano<br />
Stefano, che faceva il sommelier a Padova. Uno bravo nel<br />
suo lavoro, ma aveva un difetto, anzi, una colpa grave:<br />
era omosessuale. Per questo era stato prima bastonato<br />
selvaggiamente, poi f<strong>in</strong>ito a coltellate. Coltellate che avevano<br />
straziato anche le carni di un altro “peccatore”,<br />
Claudio Costa, un ventiduenne reo di essere un tossicodipendente.<br />
Reo di sporcare Venezia con la sua sola presenza.<br />
Anche Vicenza era sporca. C’era una certa Alice Beretta,<br />
che a c<strong>in</strong>quantac<strong>in</strong>que anni suonati faceva ancora la puttana<br />
per strada. Un’<strong>in</strong>decenza punita a fil di lama. I due<br />
crim<strong>in</strong>ali erano qu<strong>in</strong>di tornati a Verona per ripulirla di un<br />
capannone sul lungadige. “Un postaccio” dove trovavano<br />
riparo, neanche a dirlo, drogati e sbandati. Come Luca<br />
Mart<strong>in</strong>otti. Uno che a diciott’anni era già un rifiuto della<br />
società. Un rifiuto da elim<strong>in</strong>are col fuoco. Ad altri due<br />
“tossici” era andata “meglio”: se l’erano cavata con ustioni<br />
dest<strong>in</strong>ate a lasciare i segni per tutta la vita, dopo lunghe<br />
degenze e <strong>in</strong>terventi chirurgici.<br />
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