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ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pag<strong>in</strong>a 58<br />
ARMI IN PUGNO<br />
gnammo Amalia a casa sua, tornammo a Mirafiori: polizia<br />
da tutte le parti. Scappai. Ma dove Prima L<strong>in</strong>ea mi voleva<br />
morto. Andai nell’unico posto dove non mi avrebbero<br />
cercato: da Maria Pia Donat Catt<strong>in</strong>, la sorella di Marco.<br />
Ma non avevo vie d’uscita: ero il figlio di un operaio, non<br />
di un m<strong>in</strong>istro. La matt<strong>in</strong>a dopo andai <strong>in</strong> fabbrica e lì un<br />
agente della DIGOS, travestito da autista, mi puntò una pistola<br />
alla tempia».<br />
«Querelerò Cossiga quando dice che ero stato catturato<br />
e rimesso <strong>in</strong> libertà a seguito di un accordo fra il giudice<br />
Giancarlo Caselli e la polizia per utilizzarmi come agente<br />
provocatore contro Marco. Una follia: perché non accetta<br />
un confronto con me <strong>in</strong> TV A novembre però i carab<strong>in</strong>ieri<br />
di Dalla Chiesa mi mostrarono le foto di Marco scattate<br />
col teleobiettivo a Parigi. Confermai: è lui. Così anche<br />
Donat-Catt<strong>in</strong> fu bl<strong>in</strong>dato».<br />
Storie, versioni. Gli unici che non possono dire la loro sono<br />
i diretti protagonisti: Carlo Donat Catt<strong>in</strong>, morto a<br />
Montecarlo nel ’91, e suo figlio Marco, travolto tre anni<br />
prima da un’auto mentre cercava di portare soccorso sulla<br />
A4, all’altezza di Verona.<br />
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