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Il natural desiderio di sapere - Pontifical Academy of Sciences

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12FEDERICO CESI, LA PRIMA ACCADEMIA, L’UMBRIAcoglie la tensione morale e religiosa, ma anche culturale, che guidava iprimi passi <strong>di</strong> questa esperienza e che gli derivava, soprattutto, dall’entusiasmodel suo fondatore:“Federico Cesi [...] aveva della sua Accademia un’idea e un’affezionesingolarissima: l’aveva vagheggiata e concepita, sin da giovanetto,come un organismo <strong>di</strong> collaborazione e quasi cooperazionescientifica del tutto nuovo, una specie <strong>di</strong> ‘religione’ nel senso molteplicee specifico che allora si dava a questa parola: or<strong>di</strong>ne fra cenobiticoe cavalleresco, mirante e vivente all’acquisto del <strong>sapere</strong> scientifico,con consistenza e quasi regola tra Oratoriana e Filippina efamiliare. Gli Accademici erano per lui, dovevano considerarsi e<strong>di</strong>rsi ‘fratelli’ nel vero senso della parola: ed egli per primo ne daval’esempio, avendoli cari, usando per loro ogni gentilezza ed amorevolezza,adoperandosi per essi in ogni altro <strong>desiderio</strong> e bisogno, inogni necessità anche privata, economica, <strong>di</strong> sanità fisica, <strong>di</strong> sistemazionesociale, <strong>di</strong> collegialità”. 7Anche quando, nei primi mesi del 1604, le pressioni del padre <strong>di</strong>Federico e l’intervento del Sant’Uffizio provocano la <strong>di</strong>spersione dei giovaniLincei gli ideali dell’Accademia continuano a vivere; non verrà mai menoin questi giovani, specialmente <strong>di</strong>etro il continuo e appassionato sprone delCesi – il quale si de<strong>di</strong>ca con cura alla stesura delle “leggi, costituzioni e statuti”dell’Accademia –, il tenace attaccamento al primitivo progetto, a quell’ideale<strong>di</strong> “lincealità” che in<strong>di</strong>cava un comune modo <strong>di</strong> sentire e <strong>di</strong> intendere,un’analoga concezione della ricerca scientifica. Splen<strong>di</strong>da testimonianza<strong>di</strong> questo ritroviamo in una lettera, doverosamente inclusa nellapresente scelta antologica, che Cesi da Roma invia a Fabriano allo Stellutinel luglio del 1604, e nella quale egli incoraggia tutti i compagni, dando lorola sensazione che la bufera sarebbe presto passata, ed esalta i principi e gliobblighi della “lincealità”, vale a <strong>di</strong>re gli obblighi della probità morale, dellaricerca comunitaria, equamente <strong>di</strong>visa tra speculazione, resa vigorosa dallostrumento matematico, ed osservazione della natura. 8Non c’è dubbio poi che, a partire dal 1611, la partecipazione <strong>di</strong> Galileoalla comunità lincea dà agli ideali del Cesi, egregiamente espressi nella letteraallo Stelluti, un’impronta decisiva. Si può senz’altro parlare <strong>di</strong> un reci-7 G. Gabrieli, Ancora <strong>di</strong> Josse Ryke (Giusto Ricchio) panegirista e encomiatore ufficialedei Lincei defunti nella prima Accademia, in Contributi, vol. II, p. 1166.8 Cfr. Federico Cesi a Francesco Stelluti, Roma 17 luglio 1604, in Carteggio, pp. 36-41.

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