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Alberto Vacca - Il dossier Silone

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista. Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi. Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento. Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista.
Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi.
Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento.
Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

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convinzione che la sua vita, minata dal male, non ha più speranza di salvezza.<br />

In questi ultimi tempi – giusto come è stato notato da un nostro informatore<br />

che lo vigila attentamente – il Tranquilli si mantiene in attiva corrispondenza<br />

con Parigi e con persone che, dato l'uomo, è facile intuire chi<br />

possano essere. Tale circostanza è anch'essa non trascurabile nel senso che<br />

tutto fa supporre che il Tranquilli smania, maturando il proposito del tentativo<br />

di “un gesto vendicativo”, per cui è necessario prendere tutte le misure<br />

necessarie per prevenire, da parte sua, un eventuale “atto inconsulto”.<br />

<strong>Il</strong> Direttore Capo Divisione Polizia Politica<br />

Di Stefano<br />

*****<br />

Questo rapporto, firmato da Michelangelo Di Stefano, direttore capo della<br />

Pol Pol dal 1929 al 1938, è indirizzato alla DAGR, a cui periodicamente la<br />

Pol Pol inviava notizie sulle persone iscritte nel CPC, al fine di poterne aggiornare<br />

i relativi fascicoli. <strong>Silone</strong> vi è qualificato erroneamente come comunista,<br />

mentre non lo era più, essendo stato espulso dal partito nel 1931,<br />

ed è qualificato come persona assai pericolosa, nei cui confronti è necessaria<br />

un’attenta vigilanza da parte della polizia. Come si evince dalle correzioni<br />

apportate al testo, il rapporto fu inviato, con le opportune variazioni, a<br />

tutti i prefetti del Regno e ai Consolati generali di Zurigo, Ginevra e Lugano,<br />

perché predisponessero le opportune misure di vigilanza nei confronti<br />

di <strong>Silone</strong>.<br />

Particolarmente interessante – ai fini della qualificazione dell’attività informativa<br />

svolta da <strong>Silone</strong> nel periodo 1928-1930 – è il passo in cui Di Stefano<br />

parla del fratello Romolo:<br />

«.<strong>Il</strong> Tranquilli, com’è noto, non fa mistero alcuno del suo profondo odio<br />

contro il Fascismo, cui da comunista qual’è, attribuisce la morte, avvenuta<br />

nelle carceri italiane, del fratello Romolo, che egli cercò di giovare quando<br />

tentò di prestarsi come nostro informatore e che ritiene fermamente sia<br />

morto in seguito a sevizie subite».<br />

« Tentò di prestarsi come informatore » significa tentò di farsi passare<br />

come informatore. Perché tentare significa porre in atto un’azione diretta a<br />

realizzare un determinato evento, che non si verifica. Quindi, l’espressione<br />

equivale a « simulò di fare l’informatore ».<br />

Qui di seguito viene riportata la versione manoscritta del rapporto.<br />

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