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Alberto Vacca - Il dossier Silone

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista. Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi. Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento. Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista.
Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi.
Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento.
Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

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13.4.1930<br />

Mi scusi se non le ho più scritto. Ciò che le interessa sapere, non è più un<br />

mistero. (La stampa già ne parla.) Non so che cosa, io e i miei amici, faremo.<br />

La mia salute è pessima, ma la causa è morale. (Lei comprenderà, se<br />

ricorderà ciò che le scrissi l'estate scorsa). Io mi trovo in un punto molto<br />

penoso della mia esistenza. <strong>Il</strong> senso morale, che è stato sempre forte in me,<br />

ora mi domina completamente; non mi fa dormire, non mi fa mangiare,<br />

non mi lascia un minuto di riposo.<br />

Mi trovo nel punto risolutivo della mia crisi di coscienza, la quale non ammette<br />

che una sola via d'uscita: abbandono completo della politica militante.<br />

(Mi cercherò un’occupazione intellettuale qualsiasi.) Oltre questa soluzione<br />

non restava che la morte. Vivere ancora nell'equivoco mi era impossibile;<br />

mi è impossibile. Io ero nato per essere un onesto proprietario di terre nel<br />

mio paese. La vita mi ha scaraventato su una china, alla quale ora voglio<br />

sottrarmi. Ho la coscienza di non aver fatto un gran male, né ai miei amici,<br />

né al mio paese. Nei limiti in cui era possibile, mi sono sempre guardato dal<br />

compiere del male. Devo dirle che lei, data la sua funzione, si è sempre<br />

comportato con me, da galantuomo. Perciò le scrivo questa ultima lettera.<br />

Perché lei non ostacoli il mio piano, che si realizzerà in due tempi: primo,<br />

eliminare dalla mia vita tutto ciò che è falsità, doppiezza, equivoco, mistero,<br />

secondo, cominciare una nuova vita, su una nuova base, per riparare il male<br />

che ho fatto, per redimermi, per fare del bene agli operai, ai contadini, (ai<br />

quali mi sento legato per tutte le fibra del mio essere) e alla mia patria.<br />

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