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Alberto Vacca - Il dossier Silone

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista. Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi. Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento. Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista.
Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi.
Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento.
Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

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Come si è detto, <strong>Silone</strong> fu escluso dal CC del partito nel marzo<br />

1930. L’esclusione costituì per lui un duro colpo e acuì la profonda crisi<br />

intellettuale e morale che attraversava, che è testimoniata dalla lettera<br />

da lui inviata a Bellone il 13 aprile 1930, data della ricorrenza del secondo<br />

anniversario dell’arresto del fratello Romolo.<br />

La lettera, manoscritta, fu indirizzata, come al solito, alla sorella<br />

dell’ispettore, Emilia. Essa si riallaccia a quella del 5 luglio 1929, di cui<br />

è la continuazione ideale e la conclusione. Infatti, <strong>Silone</strong> scrive a Bellone:<br />

« Lei comprenderà, se ricorderà ciò che le scrissi l’estate scorsa ». In<br />

quella lettera aveva parlato di una sua crisi morale e intellettuale: « Al<br />

punto in cui sono nella mia formazione morale e intellettuale, mi è fisicamente<br />

impossibile rimanere con lei negli stessi rapporti di 10 anni fa<br />

e suppongo che in una sistemazione diversa dei nostri rapporti potrebbe<br />

anche lei avere interesse ».<br />

La crisi è determinata dal fatto che <strong>Silone</strong>, in questo momento, non è<br />

più disposto ad accettare le condizioni che comporta la vita del militante<br />

comunista: « falsità, doppiezza, equivoco, mistero ». E ciò perché la<br />

lotta contro il totalitarismo fascista, condotta in nome del totalitarismo<br />

staliniano, a cui il PCD’I si è asservito, gli appare del tutto inutile, in<br />

quanto non porta all’autentico riscatto degli operai e dei contadini, ai<br />

quali deve essere garantita non solo la giustizia ma anche la libertà. Da<br />

qui la sua decisione dell’abbandono della militanza politica attiva e il ripiego<br />

verso una impegno di carattere civile, teso comunque a promuovere<br />

il riscatto degli operai e dei contadini, rivendicando in loro nome<br />

non solo la giustizia ma anche la libertà, negate dal regime staliniano che<br />

subordinava gli interessi dell’individuo a quelli del partito e dello Stato.<br />

La ragioni della sua scelta sono sintetizzate nella frase: « l'evoluzione<br />

del mio pensiero è facilitata dall'orientamento cretino e criminale che<br />

sta assumendo il partito comunista », che esprime la sua opposizione<br />

alla linea stalinista abbracciata dal partito nonché a quella della svolta.<br />

L’orientamento del partito comunista è definito cretino probabilmente<br />

per due ragioni. Da un lato perché, ad imitazione di quello russo, aveva<br />

eliminato il libero dibattito al proprio interno, risolvendo il problema<br />

delle divergenze ideologiche e tattiche con l’espulsione di quanti non<br />

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