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Alberto Vacca - Il dossier Silone

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista. Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi. Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento. Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista.
Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi.
Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento.
Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

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Dal punto di vista politico si può considerare oggi un isolato che vive ai margini<br />

di vari gruppi politici antifascisti – dal repubblicano al socialista – a “g. e<br />

l.”, agli anarchici. A Zurigo infatti egli se la fa più specialmente nell'ambiente di<br />

Schiavetti.<br />

*****<br />

Questo rapporto, datato 12 ottobre 1937, fu inviato al capo del governo, Mussolini,<br />

da Arturo Bocchini, capo della polizia dal 1926 al 1940.<br />

Sebbene il testo contenga alcune imprecisioni – quali le date dell’arresto e della morte<br />

di Romolo Tranquilli, avvenuti rispettivamente il 13 aprile 1928 [non nel 1931] e il 27<br />

ottobre 1932 [non il 20] – esse non sono tali però da inficiare la veridicità dei fatti<br />

narrati.<br />

Come può constatarsi, la notizia relativa ai contatti intercorsi tra <strong>Silone</strong> e la polizia<br />

politica fascista è più circostanziata rispetto al rapporto del 1935. Ciò si spiega<br />

facilmente, se si tiene conto della diversità dei destinatari a cui i due documenti furono<br />

diretti. <strong>Il</strong> primo, del 1935, è assai sintetico perché destinato alla DAGR, che<br />

conosceva nei dettagli i fatti a cui si faceva riferimento. <strong>Il</strong> secondo, del 1937, espone<br />

la notizia in modo più dettagliato perché indirizzato al Capo del governo, che non interveniva<br />

ovviamente nell’organizzazione del servizio di spionaggio politico, demandata al<br />

capo della polizia.<br />

Come quello del 1935, anche questo documento qualifica l’attività informativa di <strong>Silone</strong><br />

come simulatoria. Assai esplicito in tal senso è il passo seguente:<br />

« Nel 1931 fu arrestato e processato in Italia il fratello Tranquilli Romolo, per attività<br />

comunista. <strong>Il</strong> Tranquilli Secondino, aveva per il fratello, un affetto profondo,<br />

soffrì molto. Cercò di aiutarlo in tutti i modi inviandogli sussidi e sovente anche<br />

dolciumi e leccornie. In tale periodo diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento<br />

antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane mandando,<br />

disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l'attività di fuorusciti.<br />

Ciò fece nell'intento di giovare al fratello il quale peraltro, colpito da morbo gravissimo,<br />

morì il 20 ottobre del 1932 nell'infermeria del penitenziario di Procida ».<br />

<strong>Il</strong> capo della polizia scrive che <strong>Silone</strong> « diede a vedere di essersi pentito », cioè fece finta<br />

di non essere più comunista, come fino a quel momento era stato. « Dare a vedere<br />

» significa fingere, simulare. Afferma, dunque, che <strong>Silone</strong> simulò di fare la spia, non<br />

che fu una spia autentica. Precisa, altresì, che le informazioni da lui fornite furono<br />

prive di rilevanza, perché generiche e non specifiche, e che le stesse furono inviate<br />

« disinteressatamente », cioè senza la corresponsione di somme di denaro. Stando così<br />

le cose, come possono Canali e Biocca sostenere che <strong>Silone</strong> fu un’autentica spia<br />

fascista e che svolse con convinzione e diligenza la sua attività delatoria perché rinumerato<br />

dalla polizia? Dovrebbero, perlomeno, dare qualche spiegazione, dimostrando<br />

che Bocchini, in un documento ufficiale, ha mentito al Duce!<br />

Segue qui la copia manoscritta del documento.<br />

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