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Alberto Vacca - Il dossier Silone

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista. Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi. Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento. Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

La figura di Ignazio Silone – universalmente nota come quella di un antifascista che aveva sempre combattuto il regime fascista – è stata deturpata, a partire dal 1998, dagli storici Biocca e Canali, che hanno pubblicato una serie di documenti rinvenuti presso l’Archivio centrale dello Stato (ACS), da cui risulterebbe che Silone fu una spia fascista.
Per permettere al lettore di farsi una corretta opinione sul «caso Silone» sono stati riprodotti in questo libro, in copia fotografica con trascrizione e commento, tutti i documenti ad esso relativi, esistenti presso l’ACS, a cui normalmente hanno accesso solo gli studiosi.
Dal loro esame, come ognuno potrà constatare, risulta semplicemente che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia, e che, pertanto, il castello accusatorio costruito da Canali e Biocca è privo di qualsiasi fondamento.
Silone non fu mai una spia fascista, impegnata a consolidare il regime fascista, ma sempre un antifascista impegnato nella difesa degli ideali di giustizia e di libertà.

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Roma, 13 agosto 1929<br />

<strong>Il</strong> rapporto dall'Amb. di Roma, di cui mi chiede maggiori ragguagli, è stato<br />

scritto al principio di giugno, è ben elaborato, senza dubbio da varie persone<br />

(poiché non trascura nessun lato della situazione italiana) e deve essere<br />

stato inspirato dal proposito di influire le deliberazioni dello esecutivo allargato<br />

dal [del] Comintern, che doveva riunirsi al 15 Giugno e si è riunito invece<br />

nel corso di luglio. Infatti il documento fu distribuito ai membri del<br />

presidium del Comintern ed è stato conosciuto anche da altre persone, forse<br />

subendo qualche taglio nella parte che riguarda la politica estera.<br />

<strong>Il</strong> rapporto comincia con un'esposizione della situazione economica italiana,<br />

specialmente industriale, riportando dei dati ufficiali. Per la situazione<br />

finanziaria, invece, il rapporto attinge quasi esclusivamente a fonti inglesi e<br />

americane. La crisi è innegabile, ma il rapporto rileva come essa non sia a-<br />

narchica, cioè, al di fuori del controllo dello Stato. “Lo Stato Fascista è il<br />

solo Stato d'Europa che viva su delle prospettive non immediate, subisce la<br />

crisi, ma se ne serve, ma non si lascia deviare dal piano di riorganizzazione<br />

dell'economia nazionale che esso si è dato”. <strong>Il</strong> rapporto mette in grande rilievo<br />

il catenaccio posto ai lavori pubblici. Con questo provvedimento il Fascismo<br />

ha dato una prova della sua forza. Esso è padrone di se stesso e della<br />

sua periferia. Esso smentisce la definizione che di esso si era data, basandosi<br />

su alcune apparenze e in alcuni gesti di Mussolini, “Stato reazionario,<br />

paternalistico”. Di paternalistico non restano che i sussidi alle donne prolifiche,<br />

che non hanno alcuna importanza economica. Per il resto, specialmente<br />

da quando se n'è andato Volpi, Mussolini segue una politica economica<br />

a lunghe vedute, fino a colpire, con determinati provvedimenti, singole<br />

categorie di industriali. <strong>Il</strong> rapporto mette in rilievo il fatto che Mussolini<br />

ha imparato (e lo sta dimostrando dalla partenza di Volpi) ad appoggiarsi ed<br />

a farsi appoggiare dai principali gruppi finanziari e industriali, mantenendosi<br />

politicamente indipendente, approfittando del fatto che la concentrazione<br />

industriale e finanziaria in Italia non è ancora arrivata al punto da costituire,<br />

di tutte le forze economiche, un blocco sotto una unica direzione. Per un<br />

governo che vuole essere indipendente e perseguire degli scopi nazionalisti,<br />

questo è un elemento di forza. <strong>Il</strong> rapporto dimostra questa asserzione parlando<br />

del rapporto della Banca Commerciale Italiana col Governo.<br />

Infine il rapporto riporta le conclusioni delle “prospettive” del Morta-<br />

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