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CORTE DI ASSISE DI PALERMO sezione ... - I pezzi mancanti

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che la volontà del legislatore fosse proprio quella sostenuta dall’interpretazione qui<br />

disattesa.<br />

Né può argomentarsi, che solo attraverso l’interpretazione seguita dalla<br />

consolidata giurisprudenza della S.C. può attribuirsi alla norma un significato logico<br />

e compatibile col sistema nel quale è inserita, ovvero che il legislatore abbia<br />

chiaramente mostrato nei casi in questione (artt. 442 e 444 c.p.p.) di volere usare<br />

l’espressione “circostanze” in senso lato e quindi in senso atecnico.<br />

Milita, di contro, a favore dell’opinione che il legislatore non abbia voluto<br />

discostarsi dal significato tecnico del termine il fatto che, non solo, nelle norme di<br />

diritto sostanziale penale, ma altresì, in quelle che disciplinano il processo penale, il<br />

legislatore ha sempre mostrato di distinguere più che chiaramente le “circostanze”<br />

dalle altre figure giuridiche (ed in particolare da quella della continuazione) che la<br />

giurisprudenza qui contestata vorrebbe sussumere nel concetto di “circostanze in<br />

senso lato”.<br />

Così, a titolo di esempio va ricordato come all’art. 4 del c.p.p., nell’indicare<br />

le regole per la determinazione della competenza, il legislatore abbia sancito :<br />

“Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per<br />

ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della<br />

recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti<br />

per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del<br />

reato e di quelle ad effetto speciale”.<br />

Ed ancora come, sempre a titolo d’esempio, all’art. 278 c.p.p. abbia previsto :<br />

“Agli effetti dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla<br />

legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione,<br />

della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza<br />

attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale nonché delle circostanze per le<br />

quali la legge stabilisce una pena diversa da quella ordinaria del reato e di quelle a<br />

effetto speciale”.<br />

E nella stessa direzione possono richiamarsi le disposizioni di cui agli artt.<br />

423 e 517 c.p.p. dalle quali emerge chiaramente la consapevolezza da parte del<br />

legislatore della distinzione concettuale insistente tra le “circostanze” ed i casi di<br />

concorso dei reati (continuazione, concorso formale, ecc.).<br />

Pertanto, a dar credito all’interpretazione giurisprudenziale qui disattesa,<br />

dovrebbe argomentarsi che, solo avuto riguardo alle norme di cui agli artt. 442 e 444<br />

c.p.p., il legislatore avrebbe rivisto il concetto di “circostanze”, attribuendone uno<br />

più ampio e comprendente le ipotesi di continuazione, di concorso formale ecc.<br />

La cosa, a parere di questo Giudice, già parrebbe, oltremodo, singolare.<br />

Ma, addirittura paradossale sarebbe il fatto che -a voler sostenere<br />

l’interpretazione qui respinta- il legislatore avrebbe, financo, impiegato, nell’ambito<br />

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