CORTE DI ASSISE DI PALERMO sezione ... - I pezzi mancanti
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Così, cristallizzando le conoscenze del giudicante (a meno di una sua scelta di<br />
integrarle, ma ovviamente con minori possibilità del p.m., non conoscendo, per<br />
esempio, la sopravvenienza di altri collaboranti, di altre risultanze probatorie, ecc.) a<br />
quelle esistenti al momento della scelta del rito alternativo.<br />
Ed è evidente che un tale vantaggio procedurale non può non rendere che<br />
ancor più odiosa ed irrazionale un’interpretazione (quale quella qui respinta) che<br />
permetta (applicando la diminuente di rito, alla fine di tutti i calcoli derivabili dal<br />
concorso di reati) nel massimo l’irrogazione di trent’anni di reclusione.<br />
*<br />
Sempre avuto riguardo all’esigenza di natura costituzionale di adeguare la<br />
pena alla gravità dei fatti commessi, pare, peraltro, doveroso rilevare come<br />
l’adesione all’interpretazione qui disattesa comporterebbe non solo l’appiattimento<br />
nel massimo a trent’anni di reclusione sopra cennato (per cui un omicidio, cento<br />
omicidi, mille omicidi , sarebbero tutti punibili nel massimo con trent’anni di<br />
reclusione); ma determinerebbe, altresì, una sensibile riduzione del potere di<br />
adeguamento della pena al caso concreto nelle ipotesi in cui la pena irrogabile (prima<br />
dell’applicazione della diminuente di rito) non fosse quella dell’ergastolo.<br />
Invero, nel caso in cui una persona fosse imputata di più reati (si pensi -per<br />
ipotesi di lavoro- a decine, centinaia, di reati, magari, non unificabili sotto il vincolo<br />
della continuazione), punibili ognuno con pene inferiori ad anni 24 di reclusione; per<br />
effetto dell’interpretazione qui disattesa potrebbero essere irrogati, nel massimo,<br />
sempre vent’anni di reclusione.<br />
Difatti, applicando le disposizioni che regolano il concorso dei reati; e quindi,<br />
da un lato procedendo al c.d. cumulo materiale e, dall’altro, tenendo conto del limite<br />
previsto dall’art. 78 c.p.; si verrebbe comunque a determinare una pena, nel<br />
massimo, sempre non superiore a quella di trent’anni di reclusione.<br />
Di tal che, all’imputato che avesse scelto il rito abbreviato,<br />
indipendentemente dal numero e dalla gravità dei reati commessi, potrebbero essere<br />
irrogati nel massimo (applicando la diminuente alla fine dei calcoli sopra specificati)<br />
sempre e solo 20 anni di reclusione.<br />
Orbene, a parte l’evidente iniquità del trattamento sanzionatorio, ancora una<br />
volta non ci si può esimere dall’osservare che quel che si appalesa del tutto difforme<br />
dai canoni costituzionali di proporzionalità della pena, è l’impossibilità di<br />
la sanzione a seconda del reato commesso ; nonché, l’insistenza di un<br />
limite a 20 anni di reclusione (indipendentemente dal numero e dalla gravità dei reati<br />
commessi) chiaramente non giustificabile, soprattutto quando si consideri la frattura<br />
che si verrebbe a creare in riferimento alle pene in concreto irrogabili.<br />
Dovendosi, in tal senso, schematizzare che se, per effetto delle regole sul<br />
concorso dei reati si può arrivare ad infliggere la pena dell’ergastolo, (secondo<br />
l’interpretazione qui respinta) colla diminuente di rito si perverrebbe alla pena di<br />
trent’anni.<br />
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