Dieta, regole igieniche e salute - PikiWiki
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L’interesse nel rapporto fra consumo di fibre alimentari e cancro è nato da osservazioni<br />
interessanti sulla popolazione Finlandese, che mostrava uno altissima frequenza di infarto<br />
miocardico, attribuito ad una alimentazione ricca di grassi saturi sotto forma di latticini e invece un<br />
tasso di cancri del colon e della mammella relativamente basso, come conseguenza del consumo di<br />
pane di segale integrale, ricco di fibre.<br />
In questa popolazione inoltre le feci erano 2-3 volte più abbondanti che in quella newyorkese, con<br />
una concentrazione molto più bassa di acidi biliari, che sembrano promuovere la crescita di cellule<br />
cancerose nel colon; è possibile inoltre che questo favorisca anche una aumentata escrezione di<br />
estrogeni, con minori rischi di cancro della mammella.(1)<br />
Il Dott. D.Burkitt, noto chirurgo britannico stabilitosi in Uganda ai primi del ‘900, notava la<br />
elevata frequenza di cancro al colon fra i residenti inglesi, malattia rara fra i nativi; questi ultimi<br />
inoltre avevano una bassa frequenza di appendiciti, diverticolosi e colon irritabile.(2); egli rilevò<br />
anche che gli Africani consumavano molta frutta e verdura, ricche di fibre, con assunzione<br />
giornaliera di abbondanti fibre, fino a 70 grammi, rispetto ai 15 g. della popolazione occidentale e<br />
di conseguenza con elevata eliminazione di feci.(2, 18)<br />
Da oltre 100 anni , numerosi medici hanno osservato la frequente associazione di stitichezza e di<br />
vari tipi di patologie, fra le quali il cancro, specie del colon, le malattie cardiovascolari, il diabete,<br />
l’obesità, la diverticolosi, l’appendicite, le emorroidi, l’ernia, molto diffuse fra le popolazioni che<br />
ne sono affette. ( 5)<br />
La scarsità di fibre nella dieta provocherebbe nell’apparato digerente umano, ricco di<br />
circonvoluzioni a differenza di quello dei carnivori, un ristagno di feci con putrefazione dei cibi di<br />
origine animale e la proliferazione dei batteri anaerobi; questi ultimi, reagendo con gli acidi della<br />
bile, formano sostanze velenose cancerogene per l’intestino stesso e per tutto l’organismo in quanto<br />
riassorbite in circolo.(7, 8,10)<br />
Le fibre, ad es. quelle insolubili contenute nella crusca e nel pane integrale o quelle insolubili<br />
presenti nell’avena o in molte verdure, accelerano il transito intestinale, impedendo agli acidi biliari<br />
un pericoloso contatto prolungato con le mucose intestinali.<br />
Un uomo adulto dovrebbe consumare almeno 20-25 g. di fibre al giorno, i ragazzi una dose<br />
minore, calcolata in g.5 + gli anni di età.<br />
Fra i cibi più ricchi di fibre segnaliamo la crusca, le patate, i broccoli, le lenticchie, i piselli e i<br />
fagioli fra le verdure, la pera e la mela fra la frutta. Per maggiori particolari si rimanda al Cap.VIII-<br />
Grassi. Già negli anni ’40, alcuni pionieri suggerirono che l’abbondanza di grasso nella dieta<br />
potesse aumentare il rischio di cancro.(7) La ricerca tuttavia fu in gran parte ignorata fino alla metà<br />
degli anni ’60, quando un ricercatore canadese (Kenneth Carrol) dimostrò che gli animali da<br />
laboratorio alimentati con una dieta contenente il 40% di grassi (simile alla dieta occidentale)<br />
presentavano una incidenza di cancro della mammella molto più elevata degli animali a dieta col<br />
10% di grassi; l’American Health Fundation confermò questi risultati in una indagine sulla<br />
frequenza di cancro alla mammella di donne Statunitensi (dieta col 40% di calorie rappresentato da<br />
grassi) e di donne giapponesi (grassi al 10% di calorie).<br />
Ulteriori studi hanno indicato che nel favorire sia le malattie cardiovascolari che il cancro sono<br />
indiziati innanzitutto i grassi saturi di origine animale.(7)<br />
Quelli polinsaturi si comportano in modo differente; gli oli di cartamo e di mais, ricchi di acido<br />
linoleico precursore di Omega-6 (vedi Cap. III), aumenterebbero il rischio di tumori del colon e<br />
della mammella, quando confrontati con consumi ridotti di grassi. Elevati consumi di olio di mais<br />
incrementerebbero la sintesi di acidi biliari, che incrementerebbero il rischio di cancro del colon.<br />
Anche i grassi polinsaturi, idrogenati (transacidi) per evitare l’irrancidimento, avrebbero potere<br />
cancerogeno; essi, contenuti in vari tipi di margarina e di grassi per pasticceria, aumenterebbero il<br />
rischio di cancro mammario, oltre che di diabete tipo 2 e di dislipidemia.(7,12,13)<br />
Altri tipi di grassi tuttavia, avrebbero effetti differenti. Gli acidi grassi Omega-3, presenti negli<br />
oli di pesce ed in alcuni alimenti vegetali, ridurrebbero sensibilmente l’incidenza di tumori di<br />
mammella e colon, mentre gli oli monoinsaturi, come l’olio di oliva, si comporterebbero in modo