Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...
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onerandam superuacuis litteris <strong>di</strong>ctionem, ego tamen non fraudandum sonum<br />
existimo suis litteris, quibus integer et plenus auribus intimatur 60 .<br />
Già Neitzke si è soffermato su questi excerpta e li ha accuratamente analizzati giungendo<br />
alla conclusione che, laddove il <strong>testo</strong> <strong>di</strong> Cassiodoro si allontana da quello trà<strong>di</strong>to sotto il<br />
nome <strong>di</strong> Velio Longo, in tutti i casi si tratterebbe <strong>di</strong> aggiunte minime e tutte attribuibili al<br />
fondatore <strong>di</strong> Vivarium 61 . Tra <strong>di</strong> esse va rilevata innanzitutto la presenza <strong>di</strong> due versi<br />
virgiliani assai noti, Aen. II 81 e georg. I 1, il primo in particolar modo citato spesso dai<br />
grammatici a proposito <strong>del</strong> gerun<strong>di</strong>o fando 62 . Aggiungiamo, a sostegno <strong>del</strong>le<br />
argomentazioni <strong>di</strong> Neitzke, che il verso virgiliano Aen. II 81 non sembra rispondere ai<br />
criteri con cui solitamente Velio Longo sceglie le sue citazioni, considerato che la<br />
preposizione ad, su cui verte la questione, non è in positio princeps, come invece nel verso<br />
che troviamo citato nel <strong>De</strong> <strong>orthographia</strong> (454=GL VII 69, 24): ad te confugio et supplex<br />
tua numina posco (Aen. I 666). A questo proposito è opportuno aprire una breve parentesi<br />
sulle citazioni poetiche in Velio Longo. Per prima cosa va sottolineato il loro elevato<br />
numero che <strong>di</strong> fatto non trova paralleli negli altri trattati sull’ortografia; inoltre la<br />
preferenza per Virgilio rispetto ad altri autori. Se la pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> versi virgiliani può<br />
facilmente spiegarsi considerando che la tra<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>retta attribuisce al nostro un<br />
commentario sull’Eneide, l’elevato numero rimane per così <strong>di</strong>re ingiustificato in un genere<br />
come quello ortografico in cui gli exempla possono essere desunti da testi in prosa e le<br />
citazioni poetiche non sono in molti casi strettamente funzionali alla materia oggetto <strong>di</strong><br />
indagine 63 . Riteniamo dunque che la presenza <strong>di</strong> queste citazioni sia un tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>del</strong><br />
<strong>De</strong> Orthographia e in un certo senso una cifra stilistica <strong>del</strong> nostro grammatico. Risulta<br />
pertanto <strong>di</strong>fficile immaginare che un autore così attento alla scelta <strong>del</strong>le citazioni, e per <strong>di</strong><br />
più un commentatore <strong>del</strong>l’Eneide, abbia optato per un verso come Aen. II 81 così poco<br />
60<br />
Cfr. 602-606 (=GL VII 77, 18).<br />
61<br />
Quanto all’affermazione <strong>del</strong>lo stu<strong>di</strong>oso «Acce<strong>di</strong>t quod Cassiodorius etiam aliorum grammaticorum<br />
excerptis, ut infra saepius videbimus, multa ex suis sumpta ad<strong>di</strong><strong>di</strong>t» (<strong>De</strong> Velio Longo, 13) non sembra trovare<br />
riscontro nel corso <strong>del</strong>la <strong>di</strong>ssertazione. Gli altri excerpta cassiodorei analizzati da Neitzke sono infatti quelli<br />
<strong>di</strong> Anneo Cornuto e Papiriano le cui opere però, ad eccezione appunto <strong>di</strong> quanto tramandato da Cassiodoro,<br />
sono andate perdute. Dunque non è sulla base <strong>di</strong> un confronto con i due ortografi menzionati che si può<br />
definire il modus operan<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cassiodoro rispetto ai grammatici da lui utilizzati. Semmai, elementi utili<br />
potrebbero derivare da un confronto fra gli estratti dal libro I <strong>del</strong>l’Institutio de arte grammatica <strong>di</strong> Prisciano<br />
(GL VII 207-209) e l’opera <strong>del</strong> grammatico giuntaci per via <strong>di</strong>retta.<br />
62<br />
Diom. GL I 342, 19; Prisc. inst. GL II 413, 10.<br />
63<br />
Discorso a parte va fatto per i versi <strong>di</strong> Lucilio, citati dal IX libro <strong>del</strong>le Saturae, inseriti nell’opera veliana<br />
perché in essi vengono enunciati precetti ortografici. Non a caso versi luciliani sono presenti anche in Scauro.<br />
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