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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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oppure ‘lubido’? Noi in verità, dopo che cominciò a <strong>di</strong>lettarci l’esilità <strong>del</strong>la lingua,<br />

correggemmo quella pienezza con la lettera ‘i’, tuttavia non fino al punto <strong>di</strong> pronunciare<br />

pienamente la lettera i’. Conce<strong>di</strong>amo, dunque, a coloro che seguono le <strong>di</strong>sposizioni degli<br />

antichi <strong>di</strong> scrivere tali nomi con la ‘u’, a con<strong>di</strong>zione però che non pronuncino così come<br />

scrivono.<br />

[IV.4.1] Tra le semivocali alcuni escludono la lettera ‘x’, senza dubbio per il<br />

motivo per cui i nostri antenati rifiutarono quella che per i greci è la lettera ‘υ’. La lingua<br />

latina, poi, non conosce la ‘z’, e perciò mai vi fu neppure menzione <strong>di</strong> questa lettera, se<br />

non dopo che nomi stranieri introdussero questo suono. E se a qualcuno il nome <strong>di</strong><br />

‘Mezentius’ sembra , sappia che tale nome solitamente viene scritto con due ‘s’ e<br />

così pronunciato.<br />

[IV.4.2] I più tramandarono queste lettere come semivocali. Verrio Flacco è <strong>del</strong><br />

parere che siano <strong>del</strong>le mute poiché iniziano con mute, rispettivamente con ‘c’ e con ‘d’. E<br />

se il fatto che terminano semivocale turba qualcuno, “sappiano” aggiunge “che la<br />

lettera ‘z’ è scritta così da coloro che ritengono questa lettera formata da ‘s’ e ‘d’,<br />

sicché termini senza dubbio con una muta”. A me sembra per un verso che non sia<br />

originariamente estranea alla lingua , poiché si trova nel carme Saliare, e per un<br />

altro che una cosa sia ‘ζ’, un’altra ‘σδ’, e inoltre che il valore e il suono non siano gli<br />

stessi, ma che la pronuncia varii secondo i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>aletti. , infatti, che i dori<br />

<strong>di</strong>cono ‘μελίσδειν’, gli altri ‘μελίζειν’. Né per questo tuttavia si tratta <strong>del</strong>la stessa<br />

lettera, non più <strong>di</strong> quando alcuni <strong>di</strong>cono ‘κεβαλή’ altri ‘κεφαλή’, alcuni ‘ὄππατα’ altri<br />

‘ὄμματα’, alcuni ‘θάλαττα’ , pur riferendosi alla stessa parola. E<br />

certamente lo stesso ‘παίζειν’ presso altri è pronunciato ‘παίσδειν’. Non è la stessa cosa<br />

‘z’ e ‘d’, così allo stesso modo non è la stessa cosa ‘σδ’ e ‘ζ’. Infine, se qualcuno vuole<br />

considerare attentamente questa lettera secondo natura, si accorgerà che non è doppia, se<br />

solo la esaminerà con orecchio incorrotto. Infatti scritta singolarmente risuona in un modo,<br />

se raddoppiata in un altro, e questo fatto <strong>di</strong> raddoppiarsi a una lettera doppia non accade.<br />

Scrivi, dunque, con una ‘ζ’ e interroga l’u<strong>di</strong>to: ‘ἀζηχής’ non sarà come ‘ἀδσηχής’, ma,<br />

geminata la stessa lettera, ‘ἀζζηχής’ sarà come ‘ἀσσηχής’. E certamente se qualcuno<br />

giungerà all’improvviso mentre pronuncio il suono <strong>di</strong> questa lettera, scoprirà lo stesso<br />

tono, con il quale era iniziata. Se qualcuno invece sopraggiungerà mentre pronuncio ‘ψ’ ο<br />

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