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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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esauriente. Ugualmente sussiste il dubbio se ‘cui’ debba essere scritto con la ‘q’ o con la<br />

‘c’, poiché vi sono stati molti che <strong>di</strong>fendevano la lettera ‘q’ in nome <strong>di</strong> quella regola<br />

generale in base alla quale in nessuna voce, nel corso <strong>del</strong>la declinazione, muta la prima<br />

lettera. Perciò dal momento che il nominativo è ‘quis’, costoro ritengono si debbano<br />

scrivere il genitivo ‘quius’ e il dativo ‘qui’ con la lettera ‘q’.<br />

[X.1] Talora l’ortografia può essere unita all’ortoepia, nel caso in cui la pronuncia<br />

esiti insieme alla scrittura, come in ‘accusator’ ‘comisator’, a proposito dei quali si <strong>di</strong>batte<br />

se debbano essere scritti e pronunciati con le consonanti doppie o semplici. Riguardo<br />

queste parole sono <strong>del</strong> parere che ‘accusator’ vada scritto con due ‘c’ e con una sola ‘s’:<br />

infatti, come nel caso <strong>di</strong> ‘incusare’, ‘cusare’ non è niente, e nel caso <strong>di</strong> ‘accendere’,<br />

‘cendere’ <strong>di</strong> per sé non vuol <strong>di</strong>re nulla, tuttavia <strong>di</strong>ciamo e ‘accendere’ e ‘incusare’. Invece,<br />

in ‘comisator’ poniamo entrambe le consonanti in forma semplice: la voce deriva infatti o<br />

da ‘comitas’ o dal greco ‘κῶμος’. La ‘s’ geminata in verità esaspera il suono <strong>del</strong>la voce.<br />

Così ad un tempo raggiungiamo e l’eleganza nel pronunciare e la concisione nello scrivere.<br />

[X.2] Inoltre l’ortoepia è congiunta all’ortografia anche lì dove si <strong>di</strong>batte se <strong>di</strong>re ‘faenus’<br />

‘faenoris’ oppure ‘faenus’ ‘faeneris’, dal momento che il sostantivo da lì tratto è<br />

‘faenerator’. Allo stesso modo ‘facinus’ ‘facineris’, non ‘facinus’ ‘facinoris’, poiché<br />

<strong>di</strong>ciamo ‘facinerosus’. Così inoltre Varrone preferisce ‘<strong>del</strong>irus’, non ‘<strong>del</strong>erus’: infatti la<br />

voce non è tratta dal greco ληρεῖν, come ritengono alcuni, ma deriva da ‘lira’ (ossia<br />

‘sulcus’). Così come i buoi sono detti ‘<strong>del</strong>irare’, allorché si <strong>di</strong>scostano dal movimento in<br />

linea retta che caratterizza il loro lavoro nei campi, così coloro che si allontanano dalla<br />

retta condotta <strong>di</strong> vita in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> quella sbagliata, per similitu<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>la metafora allo<br />

stesso modo sono ritenuti ‘<strong>del</strong>irare’. Inoltre preferisce che pronunciamo anche ‘<strong>De</strong>lmatia’,<br />

non ‘Dalmatia’, poiché si ritiene che il nome derivi da ‘<strong>De</strong>lminus’, la più grande città . ‘Feriae’ anche, non ‘fereae’, poiché presso gli antichi venivano dette<br />

‘fesiae’, non ‘feseae’. Ugualmente ‘arispex’ da ‘ari[u]ga’, che equivale a ‘hostia’, non<br />

‘aruspex’. E sebbene <strong>di</strong>ciamo ‘commendo’, tuttavia ‘demando’ è attestato nell’uso.<br />

[XI] Di qui derivano talvolta anche quelle ‘quaestiones’ che <strong>di</strong>stinguono l’uso<br />

moderno da quello antico, se ‘absorbui’ oppure ‘absorpsi’, mentre non deve avere attinenza<br />

con la presente <strong>di</strong>scussione, se non perché rientra nell’ambito <strong>del</strong>l’ortografia, se ‘absorpsi’<br />

debba essere scritto con la ‘b’ oppure con la ‘p’. E ad alcuni sembra opportuno dover<br />

scrivere la lettera ‘b’, dal momento che <strong>di</strong>ciamo ‘sorbere’, ad altri invece la ‘p’, poiché<br />

qualunque parola presso i Greci è scritta con la ‘ψ’ (e questa lettera è formata da ‘π’ e ‘ς’),<br />

presso <strong>di</strong> noi deve essere scritta con ‘p’; la stessa cosa deve essere osservata in parole<br />

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