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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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simili, come ‘urps’, ‘nupsi’, ‘pleps’ eccetera. In verità sono <strong>del</strong> parere che nella lingua<br />

latina vada mantenuta la scrupolosa osservanza <strong>del</strong>l’uso antico, in modo da <strong>di</strong>re ‘sorbui’<br />

secondo il parere autorevole <strong>di</strong> uomini assai eru<strong>di</strong>ti e perfetti oratori, piuttosto che ‘sorpsi’,<br />

dal momento che questa nuova flessione ha avuto inizio ad opera <strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> basso<br />

eloquio. Allo stesso modo non attribuisco a questo argomento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione ‘terui’ e<br />

‘triui’, ma alle notazioni relative all’uso nuovo e antico. Infatti anche Virgilio ha seguito<br />

gli antichi e, pur potendo <strong>di</strong>re ‘teruisse’ senza impe<strong>di</strong>menti metrici, ha preferito <strong>di</strong>re:<br />

‘nec te paeniteat calamo triuisse labellum’,<br />

e:<br />

‘hinc ra<strong>di</strong>os triuere rotis’.<br />

[XII.1] Da qui derivano anche le ‘quaestiones’ relative alle <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> significato,<br />

se dobbiamo e <strong>di</strong>re e scrivere ‘actarii’ o ‘actuarii’, dal momento che chiamiamo ‘actuarii’<br />

(‘agili nel muoversi’) † i cani † appunto da ‘actus’ (‘mettere in movimento’), ‘actarii’<br />

(‘stenografi’) invece gli scrittori <strong>di</strong> ‘acta’ (‘atti pubblici’), e anche colui che compie un<br />

‘actus’ (‘tragitto’) vollero fosse chiamato ‘actuarius’.<br />

[XII.2] In maniera analoga vollero che una cosa fosse ‘cilo’, un’altra ‘chilo’, e che<br />

‘cilones’ fossero chiamati gli uomini dalla testa stretta e lunga, ‘chilones’ invece gli uomini<br />

dalle labbra smisurate, dal greco ‘τὰ χείλη’.<br />

[XII.3] La stessa ‘quaestio’ sussiste in relazione a ‘cohortes’ e ‘coortes’, voci per le<br />

quali i grammatici vollero vi fosse una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> significato in modo che le ‘coortes’<br />

sono quei luoghi <strong>del</strong>le fattorie da cui gli uomini insieme ‘cooriuntur’, ‘si levano’ (‘oriri’,<br />

infatti, presso gli antichi spesso significava ‘surgere’ come appare dalla frase ‘oriens<br />

consul magistrum populi <strong>di</strong>cat’, dove ‘oriens’ ha il valore <strong>di</strong> ‘surgens’); invece<br />

l’espressione ‘cohortes militum’ dal sostantivo ‘cohortatio’, che in<strong>di</strong>ca l’esortarsi a<br />

vicenda. In verità ci capita <strong>di</strong> ascoltare comunemente ‘chortes’, ma è detto in maniera<br />

scorretta. Riguardo alla <strong>di</strong>stinzione cui abbiamo accennato la penso in altro modo (quando<br />

più sopra ho parlato <strong>del</strong>l’aspirazione, ho mostrato anche che questa ha trovato posto,<br />

benchè sotto altri aspetti non fosse richiesta, come in ‘uehemens’ e ‘reprehensus’, dal<br />

momento che sono detti più correttamente senza aspirazione, ‘uemens’ e ‘reprensus’):<br />

infatti le ‘cohortes’ sono costituite tanto <strong>di</strong> soldati quanto <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, dal momento che<br />

anche i soldati venivano arruolati fra i conta<strong>di</strong>ni e fra gli uomini <strong>del</strong>la stessa regione,<br />

affinché potessero e conoscersi e proteggersi a vicenda. Questo tipo <strong>di</strong> accorgimento c’è<br />

anche in Omero, il quale <strong>di</strong>ce:<br />

‘ὠς φρήτρη φρήτρηφιν ἀρήγῃ φῦλα δὲ φύλοις’.<br />

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