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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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‘pelliciendo quod est inducendo geminat l’;<br />

preferiscono ‘pellicere’ a ‘perlicere’. Ne deriva che anche in Virgilio allo stesso modo<br />

leggiamo ‘pellacis Ulixi’; e da ‘perluo’ deriva ‘perluis’ e presso gli antichi ‘pelluis’ con<br />

valore trisillabico, che ora in sineresi è pronunciato ‘pel[l]uis’.<br />

[VI.8] Poiché stiamo descrivendo le preposizioni, non è fuori luogo fare qualche<br />

osservazione anche sulla preposizione ‘re’ anche solo per il fatto che, non contenta <strong>di</strong><br />

essere preposta per intero ad alcune parti <strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso, prende la lettera ‘d’, come nel caso<br />

<strong>di</strong> ‘re<strong>di</strong>re’ e ‘redolere’, dal momento che l’incontro <strong>di</strong> due vocali forma uno iato. Ma la<br />

lettera ‘d’ è raddoppiata tutte le volte che la voce successiva inizia con questa stessa<br />

lettera; non sempre tuttavia, poiché <strong>di</strong>ciamo ‘reddere’ con la doppia ‘d’, ma adoperiamo il<br />

semplice ‘reducere’. Da qui si deve osservare l’ignoranza <strong>di</strong> coloro che, geminata la lettera<br />

‘d’, vogliono pronunciare così ‘redducere’, come ‘reddere’, quasi fosse necessario<br />

raddoppiare la ‘d’ tutte le volte che la voce seguente ha inizio da questa stessa lettera.<br />

[VI.9] Anche la preposizione ‘trans’ richiede qualche osservazione. Talvolta,<br />

infatti, si mantiene intera, come ‘transtulit’, talvolta viene ridotta, come ‘traiecit’ ‘traduxit’.<br />

E da alcuni è posta per intero, da altri invece, che badano alla soavità, viene ridotta, come<br />

nel caso <strong>di</strong> ‘transmisit’ e ‘tramisit’: così alcuni ‘transposuit’, altri ‘traposuit’.<br />

[VII.1] Questa osservazione relativa all’ortografia è congiunta naturalmente<br />

all’ortoepia che, anche se possiede un suo carattere <strong>di</strong>stintivo, tuttavia si trova intimamente<br />

implicata in questioni <strong>di</strong> questo tipo. Nell’ortoepia infatti si ricerca cosa sia più misurato e<br />

soave e non si affatica colui che scrive quando ciò che viene pronunciato risulta gra<strong>di</strong>to.<br />

Nell’ortografia la questione è tanto più spinosa, poiché talvolta il suono risulta uno solo<br />

oppure <strong>di</strong>verso da un piccolissimo in<strong>di</strong>zio. Talora è la scrittura oggetto <strong>di</strong> indagine, come<br />

quando <strong>di</strong>co ‘eiecit’, e uno lo scrive con una sola ‘i’, un altro con due, argomento che<br />

abbiamo già menzionato parlando <strong>del</strong> valore <strong>del</strong>le lettere: perciò ritengo debba essere<br />

tralasciato.<br />

[VII.2] E inoltre abbiamo parlato <strong>del</strong>la lettera ‘u’, <strong>di</strong>cendo che essa occupa talvolta<br />

il posto <strong>di</strong> consonante, come quando scriviamo ‘uultus’ e la doppia ‘u’ viene collocata con<br />

<strong>di</strong>verso valore. Così <strong>di</strong> nuovo quando si scrive ‘nominatiuus’ ‘genetiuus’ e quin<strong>di</strong> tutti i<br />

casi, ugualmente ‘primitiuus’, e se vi sono altri nomi simili a questi, richiederanno lo<br />

stesso tipo <strong>di</strong> osservazione; e quella scrittura in base alla quale ‘nominatiuus’ veniva scritto<br />

con le lettere ‘u’ e ‘o’, lasciamola agli antichi.<br />

[VIII.1.1] In vario modo anche si è soliti scrivere ‘mancupium’ ‘aucupium’<br />

‘manubiae’, dal momento che C. Cesare ha scritto questi nomi con la ‘i’, come appare dai<br />

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