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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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Barwick 84 , potrebbe essere identificata nei perduti libri <strong>di</strong> Verrio Flacco; oppure ipotizzare<br />

che l’aggiunta relativa alla grafia <strong>di</strong> Augusto sia da attribuirsi allo stesso Longo visto che<br />

l’autore parla <strong>di</strong> inscriptiones, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong>rettamente fruibile. Ma pur<br />

ammettendo il ruolo interme<strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Verrio Flacco, l’intera quaestio va fatta risalire a<br />

Varrone. Il <strong>di</strong>battito sul suono interme<strong>di</strong>o tra ‘i’ e ‘u’ ritorna in un altro punto <strong>del</strong> <strong>De</strong><br />

<strong>orthographia</strong> (§ XIII.1.1=GL VII 75, 12), ma questa volta in maniera sintetica l’autore si<br />

limita a esprimere caso per caso la preferenza ora per il suono corrispondente al grafema<br />

‘u’ ora al grafema ‘i’, giustificando le proprie scelte in questo modo: quia scio sermonem<br />

et decori seruire et aurium uoluptati. Che qui la fonte sia Niso, così come per l’intera<br />

sezione che va da 74, 10 a 80, 16, è stato già ampiamente documentato da Neitzke 85 . A<br />

prescindere però da questa ipotesi identificativa, è fuori dubbio che Velio Longo sia ricorso<br />

a una fonte <strong>di</strong>versa rispetto a quelle precedentemente in<strong>di</strong>viduate per i §§ IV.3.4 e VIII.1.1,<br />

considerata l’estrema sinteticità <strong>del</strong>la trattazione e il fatto che siano completamente omesse<br />

quelle problematiche che invece abbiamo riscontrato nei due passi sopra analizzati, relative<br />

appunto al rapporto fra consuetudo e antiquorum auctoritas (§ IV.3.4) e fra recta scriptio e<br />

enuntiatio (§ VIII.1.1), nonché l’assenza <strong>del</strong>l’ἐτυμολογία come valido criterio <strong>di</strong>stintivo<br />

a cui poter ricorrere.<br />

Per quel che riguarda l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> Niso come fonte per i passi che vanno dal § XII.1<br />

al § XIII.11 (=GL VII 74, 10 a 80, 16), l’accurata analisi condotta da Neitzke, a cui<br />

abbiamo accennato e <strong>di</strong> cui con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo le principali argomentazioni 86 , si basa<br />

essenzialmente sul fatto che il nome <strong>di</strong> questo grammatico compare per ben sei volte nel<br />

<strong>De</strong> <strong>orthographia</strong> e, dato non trascurabile, soltanto nell’ultima parte <strong>del</strong> trattato (580; 584;<br />

602; 608; 627; 637; a cui va aggiunto 587 dove il soggetto sottinteso <strong>di</strong> ait è Niso 87 ). Di<br />

questo autore, bersaglio <strong>di</strong> dure critiche da parte <strong>di</strong> Velio Longo al punto da essere<br />

annoverato fra i nimiae elegantiae sectatores (637=GL VII 79, 19), ma che fu comunque<br />

84<br />

‘Manibias’ per duo ‘i’ <strong>di</strong>cendum, quia sunt a ‘manibus’, ut putat Verrius, <strong>di</strong>ctae. Sed et ‘manubiae’ per ‘u’<br />

<strong>di</strong>ci possunt a ‘manu’, id est uirtute contractae. In base a questa testimonianza Dihle, Velius Longus, pp. 632<br />

sgg., è convinto che Verrio Flacco sia la fonte <strong>di</strong> Longo per il passo in questione.<br />

85<br />

Si veda la nota successiva.<br />

86<br />

<strong>De</strong> Velio Longo, pp. 30-34. Tuttalpiù qualche dubbio può essere avanzato sulla prima parte che va dal §<br />

XII.1 al § XII.5 (=GL VII 74, 10-75, 11) per la quale, al <strong>di</strong> là <strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne alfabetico adottato nella scelta dei<br />

lemmi (tutte parole che iniziano con la lettera ‘a’ o con la ‘c’) e che è comune all’intera sezione §§ XII.1-<br />

XIII.11 (=GL VII 74, 10-80, 16), mancano ulteriori elementi probanti.<br />

87<br />

GL VII 76, 7 e 12; 77, 18; 78, 6; 79, 8 e 79, 20; 77,1.<br />

XXVI

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