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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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‘can<strong>di</strong>do’ ‘can<strong>di</strong><strong>di</strong>’. Così dunque in ‘Iulio’ e in ‘pallio’ non si deve cambiare nulla se non<br />

la ‘o’, in modo da <strong>di</strong>ventare ‘Iulii’ e ‘pallii’. Ugualmente dobbiamo rispettare questa stessa<br />

nei nominativi plurali, anche se hanno un numero inferiore <strong>di</strong> sillabe al vocativo<br />

singolare. Ma poiché sappiamo che sia il nominativo plurale sia il dativo <strong>del</strong>lo stesso<br />

numero sono tali che il nominativo che esce con la lettera ‘i’, aggiunta una ‘s’, formi il<br />

dativo, tolta la ‘s’, torni nuovamente al nominativo, come nel caso <strong>di</strong> ‘boni’ ‘bonis’, ‘mali’<br />

‘malis’, ‘docti’ ‘doctis’, così <strong>di</strong> nuovo al contrario, se a ‘Iuliis’ e ‘Clau<strong>di</strong>is’ toglierai la ‘s’,<br />

rimarrà ‘Iulii’ e ‘Clau<strong>di</strong>i’.<br />

[V.4] A proposito <strong>del</strong>la lettera ‘i’ bisogna osservare ancora che quei nomi che noi<br />

scriviamo con ‘ae’, gli antichi furono soliti scriverli con ‘ai’, come ‘Iuliai’ ‘Clau<strong>di</strong>ai’<br />

‘paginai’. E per <strong>di</strong> più alcuni vollero che in questa grafia vi fosse implicita una <strong>di</strong>stinzione,<br />

così che il caso nominativo plurale appunto venisse scritto con ‘a’ e ‘e’, il genitivo<br />

singolare invece con ‘a’ e ‘i’, adducendo come prova il fatto che la famosa <strong>di</strong>eresi o <strong>di</strong>alisi<br />

non deriva dal nominativo plurale, ma dal genitivo singolare, quando si <strong>di</strong>ce ‘aulai in<br />

me<strong>di</strong>o’ e<br />

‘<strong>di</strong>ues equum, <strong>di</strong>ues pictai uestis et auri’,<br />

ugualmente ‘rei nostrai’, ‘faciendai’, ‘magnai’. Ma nulla ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> scrivere in<br />

ciascuno dei due numeri in questo o in quel modo, poiché possiamo trovare anche molti<br />

altri sistemi, se vogliamo <strong>di</strong>stinguere l’ambiguità dei casi e dei numeri con la <strong>di</strong>versità<br />

<strong>del</strong>la scrittura.<br />

[V.5.1] Passiamo ora alla lettera ‘u’. Molti <strong>di</strong> coloro che ci hanno preceduti<br />

scrissero ‘primitiuus’, ‘adoptiuus’, ‘nominatiuus’ con ‘u’ e ‘o’, evidentemente perché<br />

sapevano che non si possono unire tra loro vocali simili cosicché formino una sola sillaba,<br />

ed è chiaro che costoro scrivevano questo genere <strong>di</strong> nomi in un modo, ma pronunciavano<br />

in un altro. Infatti pur scrivendo con la ‘o’, tuttavia pronunciavano con la ‘u’. Ma la regola<br />

supposta li ha tratti in inganno. Prima infatti avrebbero dovuto guardare se queste fossero<br />

due vocali. Ma poiché abbiamo <strong>di</strong>mostrato nella precedente <strong>di</strong>scussione che la ‘u’ ha il<br />

valore <strong>di</strong> consonante tutte le volte che si trova al posto <strong>di</strong> quello che i greci chiamano<br />

<strong>di</strong>gamma, nulla vieta anche qui <strong>di</strong> constatare che si ha soltanto l’aspetto <strong>del</strong>la lettera ‘u’,<br />

ma che tuttavia il valore sia un altro. Così ‘nominatiuus’ avrà due lettere ‘u’ appunto, ma la<br />

prima collocata come consonante, la seconda chiaramente come vocale. Inoltre da costoro<br />

‘equus’ ‘equum’ è stato scritto con la ‘u’ e la ‘o’, e si <strong>di</strong>scute se si debba scrivere con una<br />

sola o con due. Ma prima <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> questo, dobbiamo osservare che la lettera ‘u’<br />

ha valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>gamma, non solo in quei nomi nei quali risuona con una qualche<br />

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