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Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...

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scritta l’una o l’altra lettera, queste parole restituiscono lo stesso suono alle orecchie. Non<br />

meno variano la pronuncia <strong>di</strong> questa preposizione quelle voci che iniziano con la lettera<br />

‘g’. Talvolta infatti, eliminata la ‘d’, la lettera ‘g’ è raddoppiata, come ‘aggerat’. Vi è anche<br />

il caso in cui è necessario che questa lettera ‘d’ scompaia, senza che un’altra lettera<br />

subentri in sostituzione, come avviene per ‘aspicio’ ‘ascendo’. Invece ovunque si trovi<br />

scritta la lettera ‘t’ e il monosillabo in questione non sia unito a un’altra parte <strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso,<br />

senza dubbio mostra <strong>di</strong> svolgere la funzione <strong>di</strong> un’altra parte <strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso, e si tratta<br />

appunto <strong>del</strong>la congiunzione <strong>di</strong>sgiuntiva ‘at’, come Persio:<br />

‘at te nocturnis iuuat impallescere chartis’<br />

E se si scriverà ‘ad’ con la ‘d’ appunto, non solo risulterà errata l’ortografia, ma sarà<br />

sbagliato anche il significato. Vi è anche il caso in cui la ‘d’ si trasforma in ‘l’, se la voce<br />

successiva inizia con questa stessa lettera, come ‘alligere’; non sempre tuttavia, poiché<br />

<strong>di</strong>ciamo ‘adluere’ ‘adloqui’ ‘adlabi’. ‘Abbire’ anche alcuni preferirono e pronunciare<br />

e scrivere, raddoppiata la ‘b’ ed eliminata la ‘d’. E quest’ultimo caso Lucilio ritiene<br />

non vi sia alcuna <strong>di</strong>fferenza, quando <strong>di</strong>ce:<br />

‘abbire’ non multum est ‘d’ siet an ‘b’.<br />

[VI.3] la preposizione ‘ex’ richiede qualche considerazione, poiché<br />

talvolta la lettera ‘x’, come nel caso <strong>di</strong> ‘ebibit’ ‘enuntiauit’ ‘emouit’. Né tuttavia<br />

puoi formulare la cosa così da <strong>di</strong>re che questa lettera viene meno ogni volta che la voce<br />

successiva inizia per consonante. Questa affermazione, infatti, è smentita dall’uso stesso<br />

<strong>del</strong>la lingua, quando <strong>di</strong>ciamo ‘excellere’, ‘extollere’, ‘exquirere’. Nel caso <strong>di</strong> ‘exspectatus’,<br />

alcuni vollero vi fosse una duplice grafia così che, ogni qual volta questa parte <strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

è stata preposta al verbo ‘expecto’ nel significato <strong>di</strong> ‘opperior’, si accontenti <strong>del</strong>la lettera<br />

‘e’ e dalla ‘x’; tutte le volte, invece, che è stata preposta al verbo ‘specto’, nell’accezione<br />

<strong>di</strong> ‘assistere agli spettacoli’, l’inserzione <strong>del</strong>la lettera ‘s’ risulti necessaria, affinché nella<br />

stessa scrittura sia rimossa l’ambiguità <strong>di</strong> quello che è ‘expectare illum uolo’ e<br />

‘spectare mihi placet’. In verità è possibile scrivere in unico modo l’una e l’altra voce<br />

e non temere quell’ambiguità che è assai comune a molte parole, considerando che in<br />

questa lettera ‘x’ è posta anche la ‘s’, poiché sia in latino che in greco la ‘x’ è considerata<br />

doppia e composta.<br />

[VI.4] Passiamo ora a un’altra preposizione. La preposizione ‘ob’ talvolta è posta in<br />

forma integra, come ‘obire’ ‘oberrare’, talvolta si trasforma in quella lettera con cui inizia<br />

la voce successiva, come ‘offusit’ ‘ommutuit’: così anche se segue la lettera ‘p’, come<br />

‘opposuit’. In maniera analoga alcuni preferirono conservare la ‘p’ anche in ‘obstitit’,<br />

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