Introduzione, testo critico, traduzione e note del De orthographia di ...
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ipotetici rapporti generativi 80 . A nostro avviso, quin<strong>di</strong>, gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Mackensen e Neitzke<br />
partivano da una scorretta impostazione <strong>del</strong>l’indagine nel momento in cui ipotizzavano<br />
un’unica fonte comune e questa veniva necessariamente ricercata in un precedente trattato<br />
ortografico, tralasciando un dato non secondario, al quale abbiamo già accennato, ossia il<br />
fatto che nozioni <strong>di</strong> ortografia sono presenti anche in altri scritti grammaticali, se non<br />
ad<strong>di</strong>rittura in opere appartenenti ad altri generi letterari.<br />
Nel caso <strong>del</strong> <strong>De</strong> <strong>orthographia</strong> veliano ulteriori conferme a sostegno <strong>del</strong>l’idea <strong>di</strong> una<br />
pluralità <strong>di</strong> fonti possono essere in<strong>di</strong>viduate nella particolare struttura compositiva <strong>del</strong><br />
trattato, in rapporto a quello che per alcuni è risultato essere il uitium più grave e<br />
intollerabile <strong>del</strong>l’opera. Abbiamo già accennatto infatti alla presenza <strong>di</strong> blocchi<br />
compositivi giustapposti all’interno dei quali si riscontra una certa ripetitività nella scelta<br />
<strong>del</strong>le problematiche ortografiche trattate. Scartata l’idea <strong>di</strong> interpretare tali caratteristiche<br />
strutturali come la prova <strong>del</strong>l’intervento <strong>di</strong> un interpolatore <strong>di</strong> età tarda, come fecero<br />
Bücheler e Mackensen, o <strong>di</strong> attribuirle a un Velio Longo <strong>di</strong>sattento e cattivo grammaticus,<br />
queste possono essere ricondotte proprio alla molteplicità <strong>del</strong>le fonti utilizzate. Un esempio<br />
per tutti è la quaestio relativa alla resa grafica <strong>del</strong> suono interme<strong>di</strong>o tra ‘i’ e ‘u’, sulla quale<br />
l’autore ritorna per ben tre volte e non a caso, considerata l’importanza che l’argomento<br />
assume in relazione al problematico rapporto fra enuntiatio e scriptio quin<strong>di</strong> fra ortoepia e<br />
ortografia. Una prima volta tale quaestio ricorre nell’ambito <strong>del</strong>la <strong>di</strong>scussione sulla<br />
litterarum potestas (§§ IV.3.1-IV.3.4). Dopo aver esaminato il valore <strong>di</strong> consonanti <strong>del</strong>la<br />
‘i’ e <strong>del</strong>la ‘u’, Velio Longo passa ad analizzarne quello <strong>di</strong> vocali, precisando a proposito<br />
<strong>del</strong>la lettera ‘u’ (68-69=GL VII 49, 6): Verrio Flacco uidetur eandem esse apud nos ‘u’<br />
litteram quae apud Graecos est υ; seguono alcune brevi considerazioni sulla confusione<br />
grafica fra ‘u’ e ‘o’ presso gli antichi (§ IV.3.3) e infine, a conclusione <strong>di</strong> questa sezione<br />
de<strong>di</strong>cata alla potestas <strong>del</strong>la ‘i’ e <strong>del</strong>la ‘u’, l’autore introduce la quaestio sul sonus me<strong>di</strong>us (§<br />
IV.3.4=GL VII 49, 16-50, 7). Considerata l’organicità <strong>del</strong>la trattazione e i forti nessi<br />
argomentativi, non è improbabile che a Verrio Flacco si debba pensare come fonte per<br />
l’intero passo che va dal § IV.3.2 al § IV.3.4 (=GL VII 49, 6-50, 7). La stessa quaestio<br />
ritorna una seconda volta nel trattato (§ VIII.1.1) e in questo caso elementi utili alla nostra<br />
ricerca possono desumersi da un confronto con un passo parallelo <strong>di</strong> Cornuto: ‘Lacrumae’<br />
an ‘lacrimae’, ‘maxumus’ an ‘maximus’, et siqua similia sunt, quo modo scribi debeant,<br />
quaesitum est. Terentius Varro tra<strong>di</strong><strong>di</strong>t Caesarem per ‘i’ eius mo<strong>di</strong> uerba solitum esse<br />
80 Non a caso Neitzke, <strong>De</strong> Velio Longo, pp. 63 sg., elaborò tre stemmi; si veda inoltre lo stemma proposto da<br />
Strzelecki, <strong>De</strong> Ps.-Capri “Orthographia”, p. 22.<br />
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