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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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©Booklet Ursa<br />

instillati da una madre ossessivamente<br />

presente, passiva-aggressiva, e il fastidio<br />

di Susan a non volersi riconoscere<br />

simile a lei. Ma la profezia della madre di<br />

Susan si rivelerà esatta: la fiducia in<br />

Edward andrà scemando, le differenze<br />

sociali avranno il loro peso e nella sua<br />

vita entrerà come amante un nuovo<br />

uomo, il suo attuale marito, che rientrerà<br />

in quella categoria sociale alla<br />

quale Susan aveva sempre mirato e<br />

forse occultato inconsciamente per scon -<br />

figgere la madre in quella battaglia generazionale<br />

tra le due. Sarà Edward a<br />

perdere tutto, e per questo scomparirà<br />

per molti anni. In un meccanismo perfetto,<br />

il suo rientro coinciderà con una<br />

nuova crisi di Susan: la relazione di<br />

coppia che si avvia al proprio esaurimento<br />

e un gusto artistico deteriorato,<br />

costruito su di sé quindi alienato dall’ambiente<br />

in cui vive; un’arte della quale<br />

lei non riesce a riconoscerne i significati,<br />

i simboli. Susan sta vivendo il suo<br />

fallimento, ma concentrata solo su di sé,<br />

non riconosce i segni della sconfitta.<br />

Il film inizia durante un party, che nei<br />

colori e nei corpi lucidati e eccessivi mes -<br />

si in mostra sembra ricordare i tristi<br />

party con disco dance de La grande bellezza<br />

di Sorrentino. Un mondo patinato,<br />

a misura del proprio immaginario: Susan<br />

legge il romanzo e i personaggi che<br />

noi vediamo sullo schermo hanno il viso<br />

che lei sta immaginando di leggere. Per<br />

questo motivo non sapremo mai se<br />

anche i visi dei suoi ricordi siano quelli<br />

reali. Questa tecnica, indubbiamente affascinante,<br />

ci porta alla fine del film con<br />

un ulteriore dubbio: per tutto il film<br />

abbiamo davvero visto Edward?<br />

La fine del film è scritta dall’inizio, nelle<br />

professioni dei protagonisti, Susan e<br />

Edward: l’Edward dei ricordi di Susan e<br />

l’Edward della fantasia romanzesca di<br />

lei, solo allora ci renderemo conto di non<br />

aver mai visto l’Edward di oggi, la persona<br />

che ha scritto il romanzo rancoroso e<br />

punitivo.<br />

Animali notturni è un noir borghese che<br />

però non disturba, che sfiora il perturbante<br />

ma non affonda. L’eccelso estetismo<br />

degli attori – in primis i tre criminali,<br />

il cui capo è tanto glamour quanto un<br />

modello da passerella – ci porta con fluidità<br />

tra un passaggio temporale all’altro,<br />

ma è un nuotare placido nella memoria,<br />

senza scosse, senza traumi.<br />

Tom Ford realizza un noir che nelle<br />

intenzioni, come ogni buon noir che si<br />

rispetti, lascia aperta nello spettatore/<br />

lettore una ferita che non potrà richiudersi.<br />

In Animali notturni la ferita che<br />

continuerà a sanguinare sarà quella di<br />

Susan, prima carnefice di Edward e poi<br />

vittima della sua vendetta; sanguinerà<br />

ancora la ferita di Edward, ancora non<br />

riappacificato con se stesso e coi suoi<br />

fallimenti, nonostante sia riuscito, alla<br />

fine, a scrivere un romanzo in cui si narra<br />

la storia di chi subisce, si rialza e poi<br />

ricade. Questa volta per sempre.<br />

FUOR ASSE<br />

107 Cinema

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