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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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come il vampiro, a prezzo di mille metamorfosi<br />

e resurrezioni non sempre onorevoli»<br />

(p. 288).<br />

La Bellezza armonica ispirata alla sezione<br />

aurea, infatti, non esiste più: è stata<br />

distrutta dall’industria culturale, dal nichilismo<br />

e dal postmodernismo, con cui<br />

possiamo intendere le «veline di carta e<br />

quelle di carne, i comici che scrivono<br />

prendendosi troppo sul serio e gli scrittori<br />

che involontariamente fanno ridere, i<br />

blog e Facebook» (p. 288). Il nostro è il<br />

tempo del Brutto, dove la Bellezza è<br />

scomparsa quasi completamente, salvo<br />

alcune occasioni in cui ci rendiamo<br />

conto che «con la bellezza non si fanno<br />

contratti. Ci si deve trovare continuamente<br />

nello stato dell’apprendista, dello<br />

scolaro, del clandestino, del dilettante»<br />

(p. 293). Fino a capire che, forse, la bellezza<br />

sta proprio nel viaggio che si dirada<br />

«secondo una geografia onirica che va<br />

zigzagando» (p. 292).<br />

Barbolini ci ricorda che il titolo del libro<br />

fa riferimento ai soprannomi di tre calciatori<br />

argentini di origine italiana: Humberto<br />

Maschio, Antonio Valentín Angelillo<br />

e Omar Sívori, che nel 1957 portarono<br />

alla vittoria la loro squadra nella finale<br />

della Coppa America e attirarono l’attenzione<br />

dei giornalisti che avevano in mente<br />

il titolo d’un gangster movie diretto da<br />

Michael Curtiz nel ’38 con Humphrey<br />

Bogart e James Cagney. La bellezza contemporanea<br />

sta proprio in questa ricerca<br />

che non si muove tra le idee dell’Iperuranio<br />

ma che scende sulla terra e si nasconde,<br />

muore e rinasce mille volte sporcandosi<br />

di polvere e fango: «ecco: penso<br />

che oggi la bellezza sia una specie di<br />

angelo dalla faccia sporca e noi dobbiamo<br />

saperla riconoscere e riscoprire dove<br />

e quando meno ce l’aspettiamo» (p. 291).<br />

Non esiste più la bellezza extratemporale<br />

e assoluta della letteratura alta e la bellezza<br />

mediocre e relativa della letteratura<br />

di genere. Non esistono più divisioni e<br />

separazioni in una società come la nostra<br />

dove la contaminazione ha invaso<br />

ogni ambito della cultura e dei rapporti<br />

sociali. Nello stesso tempo non significa<br />

che non esista più la bellezza, e che tutto<br />

sia scaduto nella mediocrità, perché «chi<br />

scrive sul serio (non importa se viene dal<br />

Parnaso o dai pulp) non smette di inseguire<br />

una sua idea di bellezza» (p. 16).<br />

©Mila Domanovskaya<br />

FUOR ASSE<br />

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