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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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Ci si ritrova cosi, catapultati in una metropoli<br />

che possiede un orologio diverso,<br />

dove i secondi scorrono veloci, dove gli<br />

affetti sono lontani. Dove un telefono<br />

separa le labbra degli innamorati e le<br />

mani delle mamme da quelle dei figli.<br />

Quando sono solo con i miei passi. Di<br />

notte, sui marciapiedi di Milano guardo<br />

le mie scarpe muoversi ed alzarsi e dico:<br />

ecco quanti passi sto facendo verso una<br />

casa che non è mia. Proprio io, ventiquattro<br />

anni, in una città così grande<br />

piena di auto e di semafori che lampeggiano<br />

come a dire: “vai, via libera”. Ora<br />

di notte, prendo le mie chiavi ed apro un<br />

portone in vetro, cinque scale in un<br />

palazzo signorile profumato e guardo<br />

ancora le mie scarpe di camoscio sulla<br />

cera fresca. Tutto così strano. Io. Io che<br />

ero abituato a tornare a casa tra la<br />

sabbia e l'erba bruciata con i grilli che<br />

cantavano e la quiete più assoluta.<br />

Forse così assoluta da isolarti dal mondo<br />

e crearne uno parallelo. Perché è<br />

così. Noi abbiamo due mondi: il Sud ed<br />

il resto della terra. Eppure bisogna<br />

uscire e catapultarsi in questo mondo<br />

pieno di confusione. Siamo abituati a<br />

rispondere sempre alla fatidica domanda:<br />

ma se hai il mare che ci stai a fare<br />

qui? Il mare è salato e di sale sono pieni<br />

i nostri occhi. Pieni di sale dalla rabbia<br />

di una lontananza sempre più pesante.<br />

Cerchiamo di essere gentili e diamo del<br />

“Voi”. Voi chi? Rispondono ridendo, non<br />

vedo altri intorno a me. Veniamo da<br />

©Alan Spazzali<br />

scuole crude dove ci viene insegnato a<br />

vivere alla giornata, ad arrangiarci. Per<br />

noi “Lei” era la ragazza che ci piaceva.<br />

Eppure qui, Milano. Come dice Brunori:<br />

«Cresciuto in Calabria, ora mangio uramaki<br />

brasiliani sui Navigli». Se sono<br />

sempre così diffidente nei confronti del<br />

mondo contemporaneo è perché quel<br />

paesino addormentato sul cucuzzolo me<br />

lo porto sempre dentro, anche a distanza<br />

di trent’anni, anche a distanza di chilometri,<br />

anche a costo di cadere nel<br />

cliché.<br />

Cammino, attraverso le strisce pedonali.<br />

Ma questi passi non mi porteranno mai<br />

a casa mia quando è sera.<br />

E non dimenticherò mai la gioia nel<br />

rotolarsi nel fieno ed il sapore dei fichi<br />

con il pane.<br />

©Vincent Descotils<br />

FUOR ASSE<br />

121<br />

Il principio dell’iceberg

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