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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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diventò popolare e di uso comune solo<br />

dopo il 1969 e del quale non ho trovato<br />

attestazioni: “allunò” appare per la prima<br />

volta in Dalla terra alla luna e<br />

sembra essere la prima testimonianza<br />

letteraria del neologismo costruito come<br />

calco del termine “atterraggio”. Ma siamo<br />

sempre disposti a ricrederci se qualcuno<br />

ci sconfessi con dati alla mano.<br />

E non è un caso che Zavattini, reggiano<br />

della Bassa, uomo che coglie gli umori<br />

più profondi della terra per farli fiorire<br />

nelle sue pagine poetiche ed esilaranti,<br />

sia un Ariosto novecentesco. Astolfo volava<br />

sulla luna a cavalcioni del suo ippogrifo,<br />

Zavattini, in versione moderna,<br />

fa volare il suo personaggio sopra un’au -<br />

tomobile volante. Il volo non è casuale.<br />

In Zavattini spesso i personaggi volano,<br />

ritrovano quella leggerezza che sconfigge<br />

la terra e la pesantezza. Il suo volo<br />

più famoso resterà quello dei poveri, alla<br />

fine del film Miracolo a Milano, quando<br />

sulle scope di saggina voleranno «Verso<br />

un regno dove buongiorno vuol davvero<br />

dire buongiorno!». Un volo finale da cui<br />

Spielberg prenderà ispirazione per l’epilogo<br />

di E.T., con il volo interstellare che<br />

riporterà a casa il piccolo extraterrestre<br />

sopra una bicicletta.<br />

La chiusura del racconto ha qualcosa<br />

di molto particolare. L’ultima frase, nei<br />

racconti brevi e brevissimi, spesso è una<br />

trovata, una frase che cambia tutto il<br />

senso del racconto. Questa volta Zavattini<br />

ha un’idea geniale, quella di far trovare<br />

la moglie di O’Neil, al ritorno dalla<br />

luna, con il labbro “gonfio e dolente”.<br />

Alla fine ci si chiede: “ma allora, il protagonista<br />

è stato sulla luna oppure no?”.<br />

In pratica questo racconto è come uno<br />

specchio che guarda un altro specchio.<br />

Non sapremo mai qual è la verità. Il breve<br />

racconto è un gioco di specchi che<br />

rimanda sempre all’altro, a un’altra verità,<br />

in un gioco che sembra infinito.<br />

Ecco il genio del giovane Zavattini che<br />

sa fondere, in due pagine, in uno scritto<br />

pubblicato in un settimanale di provincia,<br />

le novità del suo tempo. Zavattini<br />

era un giovane che della provincia più<br />

viva sapeva intercettare le novità, i semi<br />

di quelli che sarebbero stati, decenni<br />

dopo, i temi e le forme della modernità.<br />

Questo è l’atteggiamento da acquisire.<br />

Non serve vivere a Parigi o a Milano o a<br />

Roma. La provincia, c’insegna Zavattini,<br />

può diventare un luogo dove maturare<br />

letterariamente, un posto privilegiato di<br />

ascolto e di ricerca, di formazione solo<br />

quando non si chiude nel più miope<br />

provincialismo. Un autore che andrebbe<br />

inserito nelle antologie scolastiche e stu -<br />

diato nelle storie della letteratura universitarie.<br />

Sul Novecento, insomma, come<br />

si legge anche da questi piccoli esem -<br />

pi, c’è ancora tanto lavoro da fare.<br />

©Paul Apal’kin<br />

FUOR ASSE<br />

72 Imparare a scrivere

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