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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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nostro cervello, la consapevolezza del<br />

presente è debole in confronto ai significati<br />

che possiamo attribuire a posteriori<br />

alla nostra esperienza: fare, in buona<br />

sostanza, collegamenti, rinnovare o aggiungere<br />

significati. Tutto qui. Allo stesso<br />

modo, la presenza del passato nella<br />

nostra mente altera i valori che convogliamo<br />

in ciò che viviamo ogni volta. Non<br />

esiste che questo compromesso. Eppure<br />

tutti sono convinti che la perdita delle<br />

cose sia il solo modo per capirne il valore,<br />

come se il rimpianto avesse una<br />

funzione ermeneutica privilegiata.<br />

Invece di pensare che la perdita delle<br />

cose abbia al contrario significato il culmine<br />

del loro apprezzamento, come se<br />

non avessimo altro da dover aggiungere.<br />

Vorrei riportare una parte di quello che<br />

una persona mi ha scritto a proposito di<br />

questa battuta: «Mi viene in mente il<br />

valore che ha l’assenza, che diventa una<br />

presenza. Non tanto apprezzare qualcosa<br />

quando non ce l’hai più, ma il valore<br />

che può assumere qualcosa di non più<br />

presente. Qualcuno che ti manca, ti<br />

manca così tanto che la sua assenza diventa<br />

una presenza. O anche una volta<br />

mi ricordo una riflessione molto bella<br />

sul valore negativo di Dio... Qualcosa<br />

che si proietta nello spazio della negazione...»<br />

AV - «Senza fatti non ci sarebbero ricordi<br />

e neppure ci sarebbe il desiderio di<br />

perpetrare la vita, né il sogno umano<br />

dell’immortalità».<br />

DB - Quello che mi frulla in testa da<br />

sempre è in realtà una serie di cose contrarie:<br />

il ricordo di quello che non è<br />

accaduto, di tutte le esperienze mancate;<br />

la consapevolezza che ci sono persone<br />

per cui invece le esperienze vissute<br />

nascono solo da un bisogno di controllo<br />

sugli altri; la necessaria presenza di chi<br />

arriva a mentire a se stesso in nome di<br />

un coraggio che equivale all’istinto e<br />

non è quindi un merito. Volersi rassicurare<br />

di esistere: ecco quello che ci spinge<br />

a raccontare la vita: la convinzione ridicola<br />

di poter superare la propria natura,<br />

che poi non è altro che un modo per parlare<br />

della nostra umanissima speranza<br />

di immortalità.<br />

AV - Nell’intervista pubblicata in appendice,<br />

Steve Wynn fa una dichiarazione<br />

molto bella sulla disperazione come propellente<br />

dell’arte: «credo che la maggior<br />

parte della gente voglia vivere la propria<br />

vita senza provare queste sensazioni<br />

estreme, come il dolore, la paura. Credo<br />

che sia questo il motivo principale per<br />

cui la maggior parte di noi non fa grande<br />

Arte quando invecchia: quando sei giovane<br />

hai un entusiasmo folle, non controlli<br />

niente; invecchiando invece cerchi<br />

di tenere queste emozioni sotto controllo,<br />

cerchi la “stabilità”, magari arrivi ad<br />

avere una vita “felice”, ma ti sei perso<br />

lungo la strada tutte quelle emozioni,<br />

quelle sensazioni. Se uno scrittore riesce<br />

a ricordarsi quelle sensazioni è una<br />

gran cosa. […] Quando hai 21 anni,<br />

nelle tue canzoni ci butti tutte le tue<br />

emozioni, quando invecchi ti limiti a<br />

recitare. Se io fossi la persona che ero<br />

quando scrivevo le mie canzoni, probabilmente<br />

sarei morto».<br />

Vi va di commentare queste parole dal<br />

vostro punto di vista?<br />

SB - Non ci stai facendo una domanda<br />

facile, seppur molto bella. In sincerità<br />

non saprei cosa risponderti, credo che<br />

in una fase giovanile uno sia sempre<br />

proteso verso “quello che sarà” e ciò<br />

porti chiunque di noi a buttarsi in modo<br />

più spavaldo verso l’esterno. Forse è<br />

inevitabile nella maturazione di un individuo<br />

quella che qualcuno chiama “borghesia<br />

genetica”, un accomodamento,<br />

un momento nella vita in cui riduci le<br />

energie; in questo caso è possibile che si<br />

riducano anche le spinte propulsive.<br />

Non so se questo può comportare una<br />

riduzione del processo artistico e creati-<br />

FUOR ASSE<br />

84<br />

Fumetto d’Autore

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