FuoriAsse #19
Officina della cultura
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lasciato; sono andati intensificandosi<br />
sempre più. I fili si intrecciano e la scoperta<br />
è un motore che ci può portare<br />
lontano.<br />
FA - Dalle tue pagine si intuisce come<br />
alcune figure siano state di fondamentale<br />
importanza nella tua formazione: una<br />
tra queste la tua nonna paterna, la tua<br />
prima maestra. Così come punto di riferimento<br />
sostanziale sono stati altri personaggi<br />
di cui racconti frammenti di<br />
vita. Tra questi, ricordiamo Pier Paolo<br />
Pasolini, David Bowie, Andy Warhol,<br />
Lou Reed. In che modo questi artisti,<br />
provenienti da diversi ambiti, hanno<br />
contribuito alla tua crescita artistica e<br />
al tuo stile narrativo?<br />
IGORT - Sarebbe troppo complesso rispondere.<br />
Ho scritto circa 300 pagine<br />
per indagare il modo in cui le influenze<br />
di queste figure artistiche e umane mi<br />
hanno aiutato a vedere. Ti risponderò<br />
con una frase che mi disse Franco Battiato<br />
durante una conversazione: «Quan-<br />
do vedi qualcosa che ti piace, che ti influenza,<br />
significa che questo qualcosa ti<br />
parla di te, ti svela cose che non conoscevi».<br />
Ecco io credo che sia questo il punto. Gli<br />
incontri che facciamo ci portano cose;<br />
dobbiamo essere consapevoli per comprenderne,<br />
con il tempo, il peso e la forma.<br />
Come diceva Pascal, «l’universo è<br />
infinito». E le cose forse non sono così<br />
casuali.<br />
FA - Hai viaggiato molto e infatti in<br />
my generation racconti della tua prima<br />
avventura per arrivare a Londra appena<br />
diciannovenne. Lo stesso fascino del<br />
viaggio e dell’avventura si riscontra nei<br />
tuoi reportage, in particolare nei Quaderni<br />
russi. Sulle tracce di Anna Politkov -<br />
skaja. Naturalmente, si tratta di due<br />
situazioni diverse e, tra l’altro, uno è un<br />
romanzo l’altro è un graphic novel, ma<br />
in entrambi si percepisce la sensazione<br />
della fatica e la difficoltà della vita.<br />
In my generation risalta la spensieratezza<br />
e quel pizzico di incoscienza tipico del<br />
l’età giovanile, in un contesto di ribellione<br />
in cui i figli disconoscevano la generazione<br />
dei padri o il sistema in generale;<br />
in Quaderni russi, invece, emerge la<br />
necessità di cercare risposte e testimonianze<br />
dal passato. In questi viaggi, ti è<br />
mai capitato di sentirti totalmente solo o<br />
perso nel timore di non riuscire a portare<br />
a termine ciò che avevi in mente? E<br />
ancora, qual è il viaggio che, invece, ha<br />
influenzato positivamente il tuo stile e la<br />
tua arte?<br />
IGORT - Il viaggio è una forma di conoscenza.<br />
Io non viaggio per turismo. Non<br />
mi interessa. I luoghi sono per me depositi<br />
di usanze, cultura, approcci alla<br />
vita. Se mi trovo in Ucraina o in Giappone<br />
cerco di imparare dagli altri come affrontare<br />
le cose. Credo che ci sia sempre<br />
da imparare. Ho osservato per anni il<br />
modo di impugnare il pennello da parte<br />
dei disegnatori giapponesi. È un approc-<br />
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Redazione Diffusa