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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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GC - Recherche è il tuo ultimo cortometraggio.<br />

Rispetto ai tuoi precedenti lavori,<br />

hai scelto uno stile narrativo non<br />

lineare per raccontare una non-storia.<br />

Leggo sul sito ufficiale del film che<br />

Recherche «si sviluppa attraverso un andamento<br />

narrativo poco lineare e astratto<br />

con un ritmo interno vicino alle suite<br />

musicali progressive».<br />

Perché questa scelta?<br />

AB - Perché il mio percorso artistico<br />

ha origini profondamente radicate nell’ambito<br />

musicale. Prima di trovare una<br />

certa confidenza con l’espressione audiovisiva,<br />

ho tentato (con scarso successo)<br />

di scrivere canzoni e per un periodo<br />

ho fatto anche il giornalista musicale e,<br />

insomma, da vecchio fan dei Pink Floyd<br />

ho sempre trovato interessante provare<br />

a tradurre i tempi della forma canzone<br />

in immagini. In un modo ovviamente<br />

più vicino ad una narrazione classica<br />

che non a quella del tipico videoclip musicale.<br />

Nel caso di Recherche il mio tentativo<br />

è stato quasi quello di costruire<br />

un “concept album” (ovviamente in formato<br />

ridotto) con micro capitoli connessi<br />

tra loro ma anche molto differenti come,<br />

appunto, possono essere le canzoni<br />

di un The Dark Side of the Moon o un<br />

The Wall per restare in tema Pink Floyd.<br />

GC - La fine è l’inizio. Bisogna infatti<br />

arrivare ai titoli di coda per dare un<br />

senso a quello a cui abbiamo assistito.<br />

AB - È una delle possibili interpretazioni.<br />

La fine potrebbe essere anche e semplicemente<br />

una parte del racconto.<br />

GC - Il tuo corto è una riflessione<br />

sull’esistenza umana, sul ciclo infinito<br />

della vita e sulla memoria. Una memoria<br />

che, riannodando le fila della nostra esistenza,<br />

ci porta a fare i conti con l’origine<br />

del Male originario: l’esistenza stessa.<br />

Sei d’accordo con questa interpretazione?<br />

AB - Sì, in parte, ma non sarei così drastico,<br />

nel senso che il racconto ad un<br />

certo punto vuole suggerire allo spettatore<br />

che nella solitudine dell’esistenza<br />

convivono anche situazioni positive e<br />

modi di approcciare in maniera non<br />

negativa il proprio percorso di vita.<br />

Recherche però è anche e fondamentalmente<br />

un film sulla paura. La paura di<br />

essere un giovane regista italiano, la<br />

paura di doversi confrontare con mostri<br />

sacri come Pasolini e Fellini.<br />

Ma è anche la paura dell’uomo, il timore<br />

di scoprire che il male esiste davvero<br />

e che quel male possiamo essere<br />

noi. La paura di essere soli e di non<br />

riuscire a comunicare con gli altri. Nel<br />

film non ci sono dialoghi. Uno dei protagonisti<br />

racconta il suo incubo a qualcuno<br />

di cui non vediamo il volto e che<br />

non risponderà mai. Il demonio comunica<br />

in una lingua sconosciuta. Il ragazzo<br />

che ci invita a spogliarci e a seguirlo<br />

alle origini della vita spera che il<br />

suo messaggio giunga a destinazione,<br />

ma non può sentire la nostra risposta.<br />

Recherche è la paura di un’umanità<br />

che esiste all’interno di un mondo che<br />

è una bottiglia di vetro lasciata in balia<br />

delle onde da Dio.<br />

FUOR ASSE<br />

109<br />

Cinema

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