FuoriAsse #19
Officina della cultura
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internazionale in generale, che gli veniva<br />
forse dalla sua origine svizzera (era<br />
nato in Canton Ticino nel 1932), problematica<br />
al punto da spingerlo a vivere<br />
sempre altrove, in Italia, tra Milano e<br />
Roma. Fu tra i primissimi collaboratori<br />
della «Repubblica» di Scalfari, per la<br />
quale realizzò splendide interviste – raccolte<br />
oggi in Frammenti di una conversazione<br />
interrotta, a cura di Alessandro<br />
Bosco (Castelvecchi, 2013) – agli uomini<br />
di cultura più rilevanti del suo tempo,<br />
da Foucault a Lyotard, da García Marquez<br />
a Bioy Casares.<br />
Lo si potrebbe definire un’eminenza grigia<br />
della nostra letteratura, se non fosse<br />
per il suo carattere schivo, proprio di chi<br />
partecipa a ogni cosa per un profondo<br />
senso di responsabilità e rispetto, ma in<br />
definitiva preferirebbe la solitudine. Que -<br />
sti tratti si colgono alla perfezione in<br />
quello che rimane il testo più bello tra i<br />
pochi pubblicati da Filippini, L’ultimo<br />
viaggio, racconto autobiografico che dà<br />
il titolo a una breve raccolta pubblicata<br />
postuma da Feltrinelli, nel 1991. È qui<br />
che l’io dell’autore emerge finalmente in<br />
tutta la sua capricciosa e irrequieta problematicità,<br />
come si capisce dalla dichiarazione<br />
di intenti che apre il racconto:<br />
«Voglio scrivere questi appunti nel<br />
modo più semplice e modesto di cui<br />
posso essere capace; scrivere senza alone,<br />
senza risonanze, scrivere spoglio,<br />
come scriverebbe un bambino (quando<br />
ero bambino non sapevo scrivere)» 2 .<br />
In questi racconti, da buon fenomenologo,<br />
Filippini conduce una battaglia<br />
contro le sovrastrutture del pensiero,<br />
che inquinano la percezione e la comprensione<br />
di ciò che abitualmente chiamiamo<br />
realtà. Abbandonare le parole<br />
comuni, tornare a uno stato di stupore<br />
infantile, pregrammaticale davanti al<br />
mondo, raccontare facendo a meno del<br />
prontuario concettuale che secoli di<br />
Cultura hanno definito. È la trama di<br />
relazioni che uniscono spazio e tempo<br />
nell’esperienza del reale che Filippini<br />
cerca di riportare al linguaggio, dimostrandosi<br />
in questa ricerca affine a<br />
scrittori sperimentali come Emilio Tadini,<br />
Raffaele La Capria e Oreste del<br />
Buono, che tuttavia vennero presto<br />
esclusi da quel Gruppo 63 che Filippini<br />
contribuì a promuovere e animare. D’altra<br />
parte, mentre Le armi l’amore (Rizzoli,<br />
1963), Ferito a morte (Bompiani,<br />
1961) o Né vivere né morire (Mondadori,<br />
1963) cercano di far convergere nel soggetto<br />
la complessità dei “tempi” – sequenziali,<br />
paralleli, alternativi – che<br />
compongono l’esperienza del reale, Filippini<br />
sembra cercare una scrittura<br />
capace di astrarsi rispetto alle “implicazioni”<br />
del soggetto e di riportare il reale<br />
da un punto di vista ulteriore.<br />
Lo mostra bene Settembre, uscito sul<br />
«Menabò» nel 1962: qui l’espediente metaletterario<br />
– uno scrittore si cimenta<br />
nel tentativo di presentare una singola<br />
scena, in cui il suo personaggio scende<br />
in una strada parigina in una mattina di<br />
primavera che però gli ricorda settembre<br />
– offre lo spunto per affiancare agli<br />
effettivi tentativi di rappresentazione del -<br />
le vere e proprie dichiarazioni di poetica:<br />
«È difficile anche rappresentare la corrente<br />
spontanea della vita: questo te l’ho<br />
già detto. La presenza dell’albero al sole<br />
nel sole di settembre. Far sentire lo spazio<br />
assente. Creare la compenetrazione.<br />
Tra la camera la luce intasata nel cavedio<br />
e le mimose. Tra le bucce e i detriti<br />
che corrono lungo i ruscelli che qui corrono<br />
lungo i marciapiedi e i detriti lontani.<br />
Mescolare i vini. E l’immagine. Dare<br />
un senso integrale dello spazio» 3 . Nel<br />
corso del lungo monologo autoriale affiorano<br />
tutti i problemi di una scrittura<br />
2 Enrico Filippini, L’ultimo viaggio, Milano, Feltrinelli, 1991, p. 8.<br />
3 Ivi, p. 70.<br />
FUOR ASSE<br />
17<br />
Il rovescio e il diritto