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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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che continuasse. Certo, non era un<br />

testo di «primo pelo», se mi si passa<br />

l’espressione da luogo comune – mi trovavo<br />

a vedere L’apparenza inganna di<br />

Thomas Bernhard, testo scritto nel<br />

1983.<br />

Il teatro di Bernhard è un teatro dei<br />

fallimenti, personaggi al limite della follia,<br />

spesso anziani – come i due fratelli<br />

protagonisti di L’apparenza inganna. Un<br />

giocoliere e un attore, perché spesso sono<br />

artisti i suoi personaggi. Bernhard si<br />

è sempre divertito a infamare il teatro<br />

stesso, a giocare anche con le pause e i<br />

silenzi, o a immettere elementi estranei<br />

alla scena classica, tipo un uccellino vero<br />

in gabbia. Così, mentre vedevo l’ottima<br />

messinscena fatta al Teatro Out Off<br />

con Roberto Trifirò e Giovanni Battaglia<br />

(per la regia dello stesso Trifirò), ripensavo<br />

alla staticità che mi aveva colto<br />

negli ultimi tempi. E osservavo il personaggio<br />

di Karl, il giocoliere, che gattonava<br />

per tutto il palco alla ricerca della<br />

lima per le unghie, che aveva perso nel<br />

disordine della sua casa finita nel caos<br />

alla morte di sua moglie.<br />

Allora, seduto in seconda fila, centrale<br />

al palco, ho provato di nuovo quella<br />

gioia e emozione che qualsiasi spettacolo<br />

teatrale dovrebbe offrire, al di là di significati,<br />

di esegesi, di pompose critiche<br />

semantiche. E il testo non l’ho quasi più<br />

seguito (va bene, sì, vero, lo conoscevo,<br />

ma non è questo il punto), erano i movimenti,<br />

le pause, l’appropriazione dello<br />

spazio ad avvolgermi, a restituirmi tutti<br />

i famigerati significati che Bernhard ave -<br />

va più o meno infilato nel profluvio di<br />

parole che il personaggio di Karl recita<br />

all’inizio. E altrettanto l’ingresso del fratello<br />

Robert, un ex attore cui ormai fa difetto<br />

la memoria, tanto da dire che non<br />

ricorda più le battute del Re Lear (altro<br />

topico di Bernhard che quando poteva<br />

schiaffava Re Lear ovunque), è stato ma -<br />

gistrale; così come la presenza scenica<br />

per il resto dell’opera. La ferocia caustica<br />

del testo ha preso vigore per le scelte<br />

fatte, per le improvvise pause congelate<br />

con cui uno dei due in scena rispondeva<br />

ai monologhi dell’altro.<br />

Trifirò e Battaglia hanno reso anche e<br />

soprattutto fisicamente il testo di Bernhard.<br />

E non è poco. Uscire dalla sacralità<br />

delle parole, che non vuol dire perderle<br />

o depauperarle. Al contrario è necessario<br />

esaltarle attraverso la potenza<br />

e l’energia dei corpi – questa una missione<br />

per il futuro prossimo.<br />

©Foto DORKIN<br />

FUOR ASSE<br />

23<br />

Teatro

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