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FuoriAsse #19

Officina della cultura

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«Sì, in effetti, anche se uso una macchina fotografica<br />

digitale il mio fare foto non prende molto<br />

in considerazione la post produzione della fotografia,<br />

elemento che prima dell’avvento del digitale<br />

non esisteva, e questo mi mantiene più legata<br />

all’atto fotografico come azione creativa.<br />

Questa è una delle cose che cerco di trasmettere<br />

ai miei alunni perché permette alla fotografia<br />

di incontrare l’altro e di non perdere la sua funzione<br />

di registro di un attimo comunque irripetibile».<br />

Questo non vuol dire che Maryori non<br />

faccia uso della tecnologia nella sua pro -<br />

duzione artistica. I suoi collage fotografici<br />

sembrano quasi un racconto di immagini<br />

sovrapposte, che sembrano voler<br />

riunire in una sola immagine quello che<br />

è il percorso di un giorno o il racconto<br />

quotidiano d’immagini tipico dei social.<br />

Elemento, questo, oramai che cerca una<br />

definizione nuova della fotografia e che<br />

vede nel mondo sempre più mostre fotografiche<br />

dove vengono occupate intere<br />

pareti di fotografie una dietro l’altra, come<br />

se fossero prese direttamente da Facebook,<br />

diventando una nuova forma di<br />

racconto.<br />

©Maryori Cabrita<br />

©Maryori Cabrita<br />

«I collage sono veramente legati alla nuova tecnologia<br />

in quanto sono il prodotto del mio andare<br />

quotidiano per la città ritraendola attraverso<br />

scatti veloci con il telefonino. Però anche<br />

in questo caso, oltre a stendere un riassunto<br />

della giornata, cerco di mettere in evidenza il<br />

deteriorarsi di Caracas. Un deteriorarsi così<br />

forte a livello visivo che è difficile capire se è<br />

solo la mancanza di un mantenimento o il riflesso<br />

più profondo di un deteriorarsi della vita<br />

sociale. E quale mezzo tecnico migliore del telefono<br />

che, tecnicamente parlando, produce immagini<br />

“sbagliate” per raccontare questo periodo».<br />

È una fotografia in transizione, quella<br />

di Maryori Cabrita, che segna un passaggio<br />

e, forse, più inconsciamente di<br />

quanto sospetti l’autrice stessa, ancora<br />

così tesa verso il sogno dell’arte come<br />

mezzo di dialogo sociale. Una fotografia<br />

probabilmente ancora capace di creare<br />

un input verso il mondo dell’arte in un<br />

Paese dove il fallimento a livello politico<br />

ha dato un’impostazione culturale basata<br />

più sulla disponibilità economica<br />

che sulla creazione di un pensiero.<br />

FUOR ASSE<br />

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