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Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...

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<strong>Musica</strong> <strong>che</strong> <strong>affronta</strong> <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. <strong>Scritti</strong> <strong>su</strong> Tru Takemit<strong>su</strong><br />

Si pensi, per quanto riguarda la prima, al Paesaggio del 1495 di Sessh Ty (1420-<br />

1506), dove <strong>il</strong> vero protagonista del kakemono è lo spazio vuoto, <strong>che</strong> rappresenta l’84% della<br />

<strong>su</strong>perficie totale e da cui emergono, in lontananza, le sagome diafane di alcuni picchi montani<br />

e, in primo piano, pochi e brevi tratti con i quali si accenna alla presenza di arbusti, rocce e<br />

tetti. An<strong>che</strong> in questo caso l’ampio sfondo vuoto viene messo in risalto non come elemento<br />

opposto alla figure, ma in continuità con esse, esaltandole, come matrice pulsante, vivente <strong>che</strong><br />

le produce: un efficace espediente per mostrare questa continuità attiva tra sfondo e figure<br />

consiste nel fatto <strong>che</strong> queste non sono definite e bloccate entro perimetri di disegni conclusi,<br />

né sono riempite da ste<strong>su</strong>re omogenee di inchiostro <strong>su</strong> uno sfondo inerte, ma sono eseguite<br />

con rapidi tratti di pennello, lasciando tra di essi ampie tracce di spazi vuoti – e addirittura in<br />

essi: <strong>il</strong> pennello lascia volutamente ampie tracce di bianco nel tratto di inchiostro. I tratti poi<br />

sono sfumati e dunque non definiscono qualcosa di chiuso: un disegno preciso sarebbe come<br />

un concetto, cioè qualcosa di finito. La sfumatura di inchiostro estremamente d<strong>il</strong>uito sembra<br />

far penetrare lo sfondo nelle figure.<br />

Se consideriamo poi le diverse possib<strong>il</strong>ità di prospettiva nella pittura giapponese, <strong>che</strong><br />

abolisce la prospettiva unica e presenta una moltiplicazione di prospettive dall’alto, dal basso,<br />

etc., an<strong>che</strong> compresenti, vediamo <strong>che</strong> lo spettatore è costretto, o meglio: è libero, nel gioco fra<br />

le diverse prospettive, ad aprire qualsiasi possib<strong>il</strong>e prospettiva nel gioco fra gli oggetti e lo<br />

spazio, fra <strong>il</strong> pieno e <strong>il</strong> vuoto. Qualcosa di analogo mi sembra accada in alcune composizioni<br />

di Takemit<strong>su</strong>, dove <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio svolge, in rapporto ai <strong>su</strong>oni, la stessa funzione <strong>che</strong> nella pittura<br />

<strong>su</strong>mie svolge lo spazio vuoto bidimensionale in rapporto alle figure.<br />

Questo stesso tipo di rapporto di implicazione reciproca tra vuoto e pieni appare chiarissimo<br />

– <strong>su</strong> scala tridimensionale – in quel capolavoro dell’architettura tradizionale<br />

giapponese <strong>che</strong> è la v<strong>il</strong>la di Kat<strong>su</strong>ra, dove <strong>il</strong> grande spazio della natura, esterno all’edificio,<br />

non è un sistema di oggetti <strong>che</strong> sta fuori ma una somma infinita di energie non bloccata da<br />

pareti continue in muratura, lasciata scorrere negli spazi interni grazie all’apertura delle<br />

pareti scorrevoli (shji) fatte con fogli di carta di riso sostenuti da leggere intelaiature in<br />

legno. Con questo sistema, <strong>il</strong> giardino si può vedere an<strong>che</strong> dalle stanze più interne. An<strong>che</strong><br />

quando si rende necessaria la presenza di finestre, queste non sono mai dotate di chiu<strong>su</strong>re<br />

ermeti<strong>che</strong> ma sono sempre costituite da tralicci a trama più o meno fitta, così da lasciar<br />

sempre passare una certa quantità d’aria e di luce. 7 In tal modo si rende percepib<strong>il</strong>e<br />

direttamente l’ineliminab<strong>il</strong>e presenza del grande spazio vuoto della natura come condizione<br />

necessaria per ogni determinazione spaziale artificiale, proprio come <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio si rivela<br />

essere lo sfondo necessario da cui emergono i <strong>su</strong>oni del mondo e le note della musica. An<strong>che</strong><br />

in tal caso lo scopo dell’artista non è quello di separare <strong>il</strong> grande spazio vuoto della<br />

natura dai piccoli spazi pensati e organizzati dall’architettura, ma, al contrario, è quello di<br />

comunicare in modo sensib<strong>il</strong>e come tali spazi particolari, finiti, emergano continuamente<br />

dallo spazio ‘universale’, infinito. L’ab<strong>il</strong>ità dell’artista sta nell’ut<strong>il</strong>izzare forme mostrando<br />

7 Sull’importanza delle finestre nella casa giapponese tradizionale cfr. Kiyoshi (2004).<br />

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